Il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, nell’adunanza straordinaria di ieri pomeriggio, «ha preso atto di quanto emerso da plurime notizie di stampa in merito» ad alcune dichiarazioni postate su twitter «dal consigliere Marcello Degni e ha disposto l’invio immediato degli atti al Procuratore generale della Corte dei conti cui esclusivamente sono rimesse le funzioni inerenti alla promozione dell’azione disciplinare».

È quanto si legge in una breve nota della Corte dei Conti, che così avvia di fatto quello che per molti era inevitabile, cioè un procedimento disciplinare da parte della stessa Corte nei confronti di Degni, che nei giorni scorsi aveva dapprima criticato il governo riguarda alla manovra e poi, a polemica ormai montata, aveva ribadito le accuse, parlando di «intolleranza» rispetto alle sue posizioni.

La soap avrà dunque altre puntate, ma intanto arrivano le prime reazioni dal mondo della politica. «Ci auguriamo che la decisione di rinviare al Procuratore generale della Corte dei Conti gli atti riguardanti Marcello Degni venga seguita al più presto dalla radiazione di costui da un organo di cui non è degno di far parte - attacca il capogruppo di Forza Italia in Senato, Maurizio Gasparri - Degni si è rivelato un militante politico, pieno di pregiudizi. Non è in condizioni di svolgere le delicate funzioni a cui è chiamata la Corte dei Conti. Degni deve essere estromesso con immediatezza. Ne va della credibilità della Corte dei Conti stessa. Se Degni rimanesse, la Corte dei Conti subirebbe un vulnus irreparabile». Non solo. Per Gasparri «siamo di fronte ad un bivio che non consente indecisioni: da un lato gravi danni alla stessa Corte dei Conti, dall'altro lato la cacciata di Degni». E l’azzurro chiama in causa anche l’attuale commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni. «Rattrista il silenzio dell’ex Presidente del Consiglio dell’epoca Gentiloni, promotore della nomina di Degni, che non si é ancora scusato - insiste Gasparri - Il fatto che sia Commissario europeo rende ancora più grave il suo silenzio e ha fatto bene il Presidente del Consiglio Meloni a chiamarlo in causa oggi (ieri in conferenza stampa - come richiamato su questo giornale, ndr): Gentiloni con una parola può cancellare il suo palese errore».