Sono definitive le condanne a 23 anni e a 17 anni e 9 mesi di carcere per gli anarchici Alfredo Cospito e Anna Beniamino. Lo hanno deciso i giudici della sesta sezione penale della Corte di Cassazione che hanno respinto, dichiarandoli inammissibili, i ricorsi del pg della corte di Appello di Torino e delle difese, presentati dagli avvocati Flavio Rossi Albertini e Caterina Calia, di fatto confermando le condanne per i due imputati nel processo per l’attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano, nel Cuneese, avvenuto nel 2006.

Sono state, quindi, accolte le richieste del sostituto pg Perla Lori che aveva chiesto ai giudici della sesta sezione penale, il rigetto del ricorso della procura generale di Torino, che sollecitava invece la pena dell’ergastolo con isolamento diurno per 12 mesi per l’anarchico detenuto al 41 bis, e 27 anni e un mese per Beniamino. Il pg di Cassazione ha sostenuto che «il danno effettivamente realizzato» con l’attentato all’ex caserma «è stato di particolare tenuità. Appaiono quindi corrette le determinazioni poste nella sentenza impugnata».

Per l’avvocato Flavio Rossi Albertini, difensore di Cospito la decisione della corte di Cassazione «conferma quanto sostenuto dalle difese nel corso del giudizio di rinvio, ovvero che la pena dell’ergastolo con un anno di isolamento diurno invocato dalla procura generale di Torino rappresentava una richiesta sproporzionata e non sorretta da alcuna valida ragione giuridica. Rimane comunque il rammarico per una condanna estremamente severa», conclude l’avvocato Rossi Albertini. La corte di Appello di Torino aveva rimodulato in 23 anni di reclusione la pena complessiva inflitta all’anarchico nel maxi processo “Scripta Manent” per le attività dell’organizzazione terroristica Fai- Fri. Cospito in primo grado era stato condannato a 20 anni.

La procura generale aveva chiesto il carcere a vita. Dalla mattina alcuni esponenti anarchici hanno realizzato un sit- in davanti alla Suprema Corte, con uno striscione con la scritta “Fuori Alfredo Cospito dal 41 bis”. Sempre a Roma, al quartiere Tuscolano un gruppo di persone intorno alle 4 del mattino ha incendiato diversi cassonetti, uno sportello bancomat ed ha danneggiato la vetrina di una banca. Su un muro, alcuni componenti del gruppo hanno scritto con le bombolette spray: ' Alfredo e Anna Liberi'. Pescarese, classe ‘ 67, Alfredo Cospito è il primo caso anarchico a varcare la soglia del 41 bis, una disposizione introdotta nell'ordinamento penitenziario italiano con una legge nel 1986 in funzione di lotta e contrasto alle mafie come misura emergenziale, ma poi resa “ordinaria”.

Il caso Cospito era salito agli onori della cronaca da quando, nell’ottobre scorso, aveva cominciato uno sciopero della fame per protestare contro il carcere duro. Infatti, dopo sei anni in regime di alta sicurezza, a maggio del 2022 Cospito ha conosciuto il carcere duro, nell’istituto Bancali di Sassari, così come stabilito da un decreto del ministero della Giustizia, firmato dall’ex guardasigilli Marta Cartabia, secondo il quale il detenuto, comunicando con l'esterno, manterrebbe i legami con il gruppo anarchico di riferimento e inciterebbe alla lotta armata. Una decisione motivata sulla base degli scambi epistolari avvenuti, negli anni della detenzione, con altri anarchici e sulla base di articoli che Cospito ha pubblicato su riviste di settore.

La Cassazione, a marzo, ha dichiarato inammissibile l'istanza presentata dai difensori di Cospito, contro la decisione del tribunale di Sorveglianza di Roma che il 23 ottobre aveva confermato il carcere duro per l'uomo attualmente detenuto a Sassari. Un no motivato dal fatto che, ad avviso dei giudici di legittimità, i collegamenti di Alfredo Cospito con la Fai (Federazione anarchica informale), l'associazione criminale di appartenenza, sono attuali e pericolosi.

La Suprema corte aveva precisato che attualità dei collegamenti e pericolosità erano rese «evidenti dalle dichiarazioni di appartenenza alla Fai, provenienti dallo stesso, rinnovate in sede dibattimentale nel corso del processo “scripta manent” e anche nelle fasi di merito di questo procedimento, nonché dai documenti da lui scritti in pendenza di detenzione e destinati ai compagni anarchici in libertà».