Come ogni anno, la blacklist è lì, su tutti i giornali. Un elenco di nomi definiti “impresentabili”: una scelta semantica che, da sola, basta a far sorgere il dubbio. Anche stavolta la prassi si è ripetuta: sono 23 i candidati “sconsigliati” dalla Commissione parlamentare Antimafia, messi nero su bianco a pochi giorni dall’appuntamento elettorale del 25 e 26 maggio. «È un modo per continuare a chiedere alla politica liste pulite e maggiore attenzione quando si scelgono i rappresentanti dei cittadini», ha spiegato la presidente della Commissione, Chiara Colosimo.

Tra i nomi c’è anche quello di Elisa Sorrentino, “rea” di aver fatto parte di un’amministrazione — quella del Comune di Rende — sciolta per infiltrazioni mafiose. Eppure, nel documento che ha motivato lo scioglimento, il suo nome non compare mai. Le persone indagate per presunti rapporti con la ’ ndrangheta, tra cui l’allora sindaco Marcello Manna, sono poi state tutte assolte. Manna stesso è uscito pulito da ogni procedimento.

Sorrentino ha appreso della sua inclusione nella lista dai giornali. Si è scoperta “colpevole” di qualcosa che non ha commesso, marchiata senza aver avuto alcun ruolo diretto nella vicenda che l’ha esposta pubblicamente. Ha scelto comunque di non ritirarsi dalla competizione elettorale. Ha deciso di affrontare gli elettori. Ma non senza denunciare pubblicamente quanto accaduto. Perché quella fatta dalla Commissione Antimafia, spiega, è una «scelta che solleva molte domande, per tempi e modalità, e che rischia di generare un clima avvelenato proprio a ridosso della consultazione elettorale. Il mio inserimento in quella lista non si basa su alcun fatto, accusa o procedimento a mio carico. Non esiste nessuna indagine, nessun atto giudiziario, nessuna contestazione nei miei confronti. Il mio nome non compare nemmeno nelle relazioni prefettizie. Vengo coinvolta esclusivamente per aver ricoperto un ruolo istituzionale in una giunta comunale sciolta per presunte infiltrazioni mafiose, senza mai essere stata chiamata in causa personalmente in alcuna sede».

Una dinamica che «rischia di sostituire la giustizia con il sospetto, alimentando quella che io definisco una deriva giustizialista - aggiunge -. Io ho sempre combattuto il giustizialismo. Non oggi, non per convenienza, ma da sempre per convinzione. Ho sempre creduto nel garantismo, nella forza del diritto, nella presunzione di innocenza come pilastro della democrazia. E oggi questa battaglia per me assume un significato ancora più profondo, perché la conduco anche per chi non ha voce, per chi subisce lo stesso trattamento nell’indifferenza generale».

Avvocata, Sorrentino ricorda al Dubbio che i processi alla base dell’intervento prefettizio si sono tutti conclusi con archiviazioni o assoluzioni. È per questo che parla di “presunta” infiltrazione mafiosa. Il provvedimento di scioglimento è attualmente al vaglio del Consiglio di Stato, che dovrà stabilirne la legittimità. Ma nel frattempo, senza alcuna condanna e senza alcuna contestazione formale, Sorrentino è già stata “condannata” sul piano mediatico e politico. «Nel redigere questa lista di impresentabili non c’è assolutamente alcun tipo di rispetto della presunzione di innocenza - racconta -. E credo che l’incostituzionalità del metodo sia stata più volte sollevata». Il paradosso, osserva, è lampante: la richiesta di incandidabilità presentata nei confronti dell’ex sindaco Manna è stata respinta. Eppure il suo nome — non toccato da alcuna indagine — viene incluso nella lista. Se perfino la persona che veniva accusata di aver portato - e così non è - il contagio mafioso in Comune viene ritenuta degna di presentarsi alle urne, perché una Commissione Antimafia dovrebbe compilare liste di proscrizione? Una lista che non ha alcun effetto pratico, se non quella di “avvertire” l’elettorato.

Una pratica diventata stabile sotto la presidenza di Nicola Morra e poi fatta propria anche dall’attuale Commissione. «Il M5S e Fratelli d’Italia si trovano sullo stesso identico piano per quanto riguarda l’approccio giustizialista - spiega -. E mentre un Tribunale, quindi un organo che ha effettuato un accertamento, definisce candidabile l’ex sindaco, io vengo marchiata da un organo politico». Ma è possibile impedire una scelta del genere, che è prettamente politica? «I partiti dovrebbero attivarsi, sollevando una questione di incostituzionalità rispetto al regolamento anticorruzione a cui si rifà la Commissione Antimafia. Ma su queste tematiche la maggioranza è salda, forse con la sola eccezione di Forza Italia, che ha posizioni più liberali». Sorrentino, però, non ha intenzione di mollare. «Anche se non le nascondo che ho timore - dice -, perché la città ha già subito un commissariamento molto pesante». Una situazione comune in Calabria, dove vengono commissariate perfino le Fondazioni, come quella dedicata a Corrado Alvaro a San Luca (Rc), “vittima” della stessa scelta poche settimane fa.

«La società civile si è mostrata assolutamente solidale - aggiunge Sorrentino -. Ho sempre fatto politica dal basso, sono un’attivista, mi occupo dei diritti dei detenuti: chi mi conosce non ha dubbi sulla mia integrità morale. Spero sinceramente che il mio caso possa smuovere le coscienze politiche». Anche sul terreno delicatissimo degli scioglimenti per mafia, che secondo lei andrebbero ripensati, introducendo procedure più corrette e un reale contraddittorio, per evitare errori e marchiature ingiuste. «In Calabria gli impresentabili sono sei sui 23 totali. Una percentuale molto alta — conclude —. E credo che questo sia parte di una narrazione che ci vuole mantenere subalterni e che fa gioco anche a un disegno più ampio di autonomia differenziata. Ma mi rendo conto che si tratta di argomenti scomodi. E una determinata area politica, che dovrebbe parlare di garanzia e diritti, lascia che sia l’altra parte a utilizzare questi temi per fini personali».