Il cellulare, come insegna ciò che è accaduto all’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, è una fonte incredibile di informazioni e quindi di spunti investigativi. Al Csm, dopo più di sei anni, ancora si discute infatti della correttezza o meno delle condotte dei tanti magistrati che chattavano o chiamavano direttamente l’ex zar delle nomine per ottenere un incarico o una nomina. Alla Procura di Prato non si discute di nomine, ma di appalti ed il cellulare in questione è quello dell’imprenditore Riccardo Matteini Bresci, ex dirigente di Confindustria Toscana.

Le chat e le telefonate di Matteini Bresci dallo scorso anno hanno praticamente monopolizzato l’attività investigativa degli inquirenti della città toscana, causando un terremoto prima al Comando provinciale dell’Arma e adesso addirittura in Comune, con la sindaca Ilaria Bugetti (Pd) a rischio arresto e dunque dimissioni.

Per capire come ciò sia possibile è necessario fare un passo indietro e tornare alla scorsa estate quando il comandante della compagnia carabinieri di Prato, il tenente colonnello Sergio Turini, ufficiale molto stimato ed ex numero due del Cobar della Toscana, l’allora sindacato unico dell’Arma, finisce in carcere con le accuse di corruzione, peculato, omessa denuncia, accesso abusivo a banche dati, omissione di atti d’ufficio.

L’inchiesta è condotta da Luca Tescaroli, neo procuratore di Prato e titolare, quando era aggiunto a Firenze, del fascicolo sulle stragi di mafia del 1993 dove sono indagati Silvio Berlusconi (morto nel 2023), Marcello Dell’Utri e il generale Mario Mori.

Ad affiancare il procuratore ci sono i pm Lorenzo Boscagli e Massimo Petrocchi. I magistrati ipotizzano una sorta di “cupola” di facoltosi imprenditori pratesi intenti a spartirsi i destini della città. Turini, in particolare, vi si sarebbe avvicinato per «ottenere utilità attuali e future anche in vista del pensionamento e/ o la sistemazione dei familiari». «È una cena di gruppo siamo in 20, si chiama “special club 20”, persone tra gli imprenditori più importanti di Prato», dice Turrini alla moglie in una intercettazione.

Con l’auspicio di entrare nelle simpatie dei ricchi imprenditori pratesi e dunque di poter ottenere in futuro qualche beneficio con cui arrotondare la pensione o una sistemazione per i figli, Turrini si sarebbe allora attivato con la Questura per avere informazioni sullo stato della procedura di rilascio di un permesso di soggiorno, di un passaporto, o di una pratica al catasto.

Oppure, per trovare un tecnico per delle riparazioni di cui aveva bisogno uno di questi imprenditori nella sua ditta. Ma a parte qualche telefonata in Questura, il patto corruttivo avrebbe trovato conferma nella richiesta di una raccomandazione.

Per evitare di essere trasferito da Prato, Turini aveva chiesto a Matteini Bresci di chiedere al sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli un intervento sul Comando generale. «Stante la complessità, sotto molteplici punti di vista, della provincia e della città di Prato, dove sono io cresciuto, nonché la delicatezza del momento di transizione ove si attende anche l’indicazione del nuovo prefetto, avrei la necessità istituzionale di poter contare ancora, almeno per un anno, sulla presenza e sulla collaborazione del colonnello Turini a Prato», aveva scritto Silli al comandante generale dell’Arma Teo Luzi, senza però ottenere l’effetto sperato, con conseguente avvio della pratica di trasferimento di Turini a Potenza.

L’ufficiale, per la cronaca, scelse poi di patteggiare, evitando così il processo. Le “interlocuzioni' di Matteini Bresci a distanza di un anno sono adesso tornate di attualità e, come detto, rischiano di far finire prima del tempo la carriera politica di Bugetti, dallo scorso anno sindaca di Prato per il “campo largo”. Scorrendo le chat e le telefonate intercettate a Matteini Bresci, gli inquirenti sono convinti che l’imprenditore abbia finanziato la campagna elettorale di Bugetti, garantendogli i voti dei massoni pratesi alle elezioni.

In cambio l’imprenditore avrebbe ottenuto il suo interessamento per realizzare alcune infrastrutture che riguardavano le sue aziende. Durante la perquisizione a Matteini Bresci, gli inquirenti avevano trovato un grembiule ed un cappuccio, oltre a dei volumi dal titolo quanto mai eloquente: “Rituali e estrazioni per il fratello maestro” e “Breve vademecum sulla massoneria”. Da qui il soprannome di “massone” per Bugetti. Il gip Alessandro Moneti dovrà decidere giovedì prossimo se arrestarla o meno. Chi ha parlato con Matteini Bresci, verrebbe da dire, farebbe meglio a cercarsi un alibi.