Il governo italiano è stato il primo esecutivo europeo a legiferare in materia di Intelligenza artificiale, dopo l’approvazione da parte del Parlamento europeo dell’AI Act. L’apprendimento profondo e l’elaborazione del linguaggio naturale da parte del computer sono destinati nel giro di poco tempo ad entrare anche nel lavoro dei professionisti. Questo tema è stato affrontato dal Consiglio nazionale forense nel corso del G7 delle avvocature, svoltosi una settimana fa.

L’intervento di ieri del governo chiarisce che nell’ambito delle professioni intellettuali l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale «è consentito esclusivamente per esercitare attività strumentali e di supporto all’attività professionale e con prevalenza del lavoro intellettuale oggetto della prestazione d’opera». Vengono, inoltre, evidenziati alcuni obblighi di chiarezza e trasparenza da parte del professionista. Pertanto, «per assicurare il rapporto fiduciario» con il cliente, le informazioni relative ai sistemi di intelligenza artificiale utilizzati dal professionista «sono comunicate al soggetto destinatario della prestazione intellettuale con linguaggio chiaro, semplice ed esaustivo».

La parte relativa all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria è contenuta nella parte centrale del provvedimento esaminato dal Consiglio dei ministri. La norma approvata prevede che «i sistemi di intelligenza artificiale sono utilizzati esclusivamente per l’organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario nonché per la ricerca giurisprudenziale e dottrinale anche finalizzata all’individuazione di orientamenti interpretativi». Inoltre, «è sempre riservata al magistrato la decisione sulla interpretazione della legge, sulla valutazione dei fatti e delle prove e sulla adozione di ogni provvedimento».

Su questo punto il governo è intervenuto, rispetto ad una prima versione dello schema di disegno di legge, eliminando la possibilità di utilizzare i sistemi di Ia nella redazione delle bozze dei provvedimenti giudiziari. Dunque, al magistrato continua ad essere attribuita, nonostante i progressi tecnologici ai quali assistiamo in continuazione, una funzione centrale. Nessun algoritmo potrebbe, per il momento, sostituirlo.

Nel corso del G7 delle avvocature svoltosi a Roma la settimana scorsa, il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, è stato molto chiaro e ha anticipato la linea di palazzo Chigi: «Si deve prevedere l’uso dell’Ia nell’attività giudiziaria esclusivamente, e lo sottolineo, per l’organizzazione e la semplificazione del lavoro, per la ricerca dottrinale e giurisprudenziale anche finalizzata all’individuazione di orientamenti interpretati. Significa che in nessun caso si dovrebbe arrivare a sentenze affidate all’intelligenza artificiale anziché scritte da un giudice. E, almeno a mio giudizio, sarà probabilmente necessario prevedere la nullità di una sentenza per la quale si sia accertata una genesi non umana».

Nordio con Urso e Butti

Nella conferenza stampa svoltasi al termine della riunione del Consiglio dei ministri, il guardasigilli Carlo Nordio ha analizzato alcuni aspetti che regolano in Italia l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale. Con lui il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione, Alessio Butti. «Si è diffuso il pensiero – ha detto il ministro della Giustizia - che l’Intelligenza artificiale possa sostituire l’attività dei giudici, ma il provvedimento approvato dal Cdm prevede che possa essere utilizzata per l’organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario, senza condizionare i magistrati, ai quali è sempre riservata la decisione finale, e senza sostituire l’intelligenza artificiale all’intelligenza umana».

Nordio ha evidenziato che occorre cogliere le opportunità offerte dai sistemi di Ia, senza farsi distrarre dall’aspetto patologico. «Il magistrato – ha aggiunto - non verrà condizionato», in quanto a lui spetta la decisione finale e l’Ia non sostituirà l’intelligenza umana.

Un altro punto su cui si è soffermato il responsabile di via Arenula è stato quello della norma penale che si collega ai nuovi scenari disegnati dall’Ia. «Chi diffonde – ha affermato Nordio -, senza il consenso, video o immagini alterate con la Ia, cagionando un danno ingiusto, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni. L’aspetto penale può essere devastante, perché può creare una realtà che non è più virtuale ma reale, può dare una rappresentazione di una persona realistica, non vignettistica o come fotomontaggio. Si può creare un mondo reale ancorché virtuale. Allora per questo interviene la norma penale. Quando l’uso della Ia è effettuato in modo insidioso costituisce aggravante specifica per tutta una serie di reati, come sostituzione di persona, rialzo e ribasso fraudolento dei prezzi, truffa, frode informatica, riciclaggio, aggiotaggio. Per questi reati l’uso della Ia costituisce una aggravante perché è un mezzo dannatamente insidioso e purtroppo efficace. Nessuno si illude che la norma penale costituisca un deterrente assoluto, ma colma un vuoto di tutela».

Il sottosegretario Butti, oltre ad attribuire al governo il merito di aver legiferato per primo in materia di Intelligenza artificiale, ha annunciato che è previsto un investimento di circa 1 miliardo con Cassa depositi e prestiti. L’esponente del governo, riferendosi all’intervento sul disegno di legge, ha anche detto che il «testo è compliance con quanto è stato votato dall’europarlamento ed è molto atteso anche dai colleghi del G7 all’ultima ministeriale». «È un disegno di legge – ha concluso Butti - che definisce senza equivoci chi elabora la strategia e definisce anche chi monitora, chi vigila e chi notifica e sanziona».