MASSIMO CHIODA

Nei giorni scorsi ad Istanbul si è concluso il processo a carico dell’associazione degli avvocati progressisti turchi ( Chd). Dopo nove anni, la scure delle condanne – tutte dal chiaro carattere politico - si è abbattuta pesantissima.

GENNARO GRIMOLIZZI «Con la persecuzione degli avvocati Erdogan ha ucciso lo Stato di diritto...»

In Turchia l’avvocatura è sotto attacco.

Nei giorni scorsi ad Istanbul si è concluso il processo a carico dell’associazione degli avvocati progressisti turchi ( Chd). Dopo nove anni, la scure delle condanne – tutte dal chiaro carattere politico - si è abbattuta pesantissima.

Un avvertimento, seppur indiretto, del “sultano” Erdogan, secondo il quale non sono ammesse interferenze da parte di chi contesta il governo. Diversi i condannati eccellenti. Tra questi Selcuk Kozagacli ( presidente del Chd) che dovrà scontare tredici anni di carcere, Barkin Timtik, sorella di Ebru Timtik, l’avvocata morta in prigione nel 2020, dopo oltre 200 giorni di sciopero della fame ( vent’anni anni e sei mesi) e Oya Aslan ( sedici anni e sei mesi).

Il processo al Chd è stato seguito dal Cnf e dall’Osservatorio Internazionale degli avvocati in pericolo ( Oiad).

In Turchia, dal 7 al 12 novembre scorsi, anche l’avvocato Massimo Chioda del Foro di Monza, in qualità di osservatore Oiad.

«Ho assistito - racconta al Dubbio – alla fase conclusiva di due processi, uno del 2013 e l’altro del 2017, poi riuniti, a carico di ventidue avvocati. Le imputazioni erano molto pesanti. Ai nostri colleghi turchi è stata contestata la partecipazione e addirittura l’organizzazione di attività terroristiche, oltre a specifiche condotte di propaganda. L’Oiad ha attenzionato la vicenda degli avvocati turchi, perseguitati dal regime di Erdogan per condotte assolutamente normali nell’esercizio della professione, come la partecipazione a conferenze stampa. Ma la cosa più grave è stata quella di collegare ed assimilare l’attività difensiva con i clienti assistiti».

Strano paese la Turchia.

La partecipazione alle organizzazioni terroristiche è stata contestata agli avvocati degli appartenenti a gruppi ritenuti degni di soppressione. «Una impostazione accusatoria – prosegue Chioda – davvero singolare, che dimostra il vacillante Stato di diritto esistente. Nel 2015 il governo turco ha addirittura introdotto una norma che ha posto sotto il controllo diretto del ministero della Giustizia il Csm turco. In pratica il governo controlla direttamente il giudice naturale, il singolo magistrato. Non è difficile immaginare quali conseguenze comporta una simile impostazione normativa ed organizzativa. Proprio le norme del 2015 hanno portato ad una serie di malumori. La reazione è stata il presunto colpo di Stato del 2016, a seguito del quale il governo ha arrestato migliaia di magistrati e circa seicento avvocati. Guarda caso si tratta di soggetti tutti ritenuti scomodi, per lo più oppositori».

Gli effetti del tentativo del colpo di Stato di sei anni fa sono emersi nel processo seguito nelle scorse settimane dall’avvocato Chioda, l’atto finale della repressione del dissenso a danno degli avvocati turchi.

«Non si può applicare il diritto – conclude - qualora comporti una decisione non favorevole alla polizia o a chi ha istruito l’imputazione. Il magistrato, dunque, è obbligato ad obbedire in base ad un pacchetto confezionato. La prova di questo, a parte le violazioni rilevate da noi osservatori Oiad, è data dalle testimonianze confezionate davanti alla polizia, senza alcun contraddittorio. Nel processo farsa di Istanbul è stata tappata la bocca agli avvocati semplicemente perché hanno esercitato il diritto di difesa».