«Il Sistema è in piena salute. E non si parli più di sistema palamariano, per decenza». A certificare la continuità tra i vecchi metodi del Csm e quelli nuovi è chi ci sta dentro. Ovvero Andrea Mirenda, unico indipendente in Consiglio.

L’ultima occasione utile per ribadire lo stato di salute della «correntocrazia», come l’ha definita la toga in una mailing list di colleghi, è stata la conferma a larga maggioranza di Marilena Rizzo alla presidenza del tribunale di Firenze. La magistrata, in passato, è finita sotto la scure disciplinare per le chat con l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, al quale chiedeva informazioni su nomine e/ o incarichi di magistrati del distretto fiorentino, per poi essere assolta per “scarsa rilevanza” del fatto. Una vicenda di cui non tenere conto, secondo un “innovativo” orientamento del Csm, in quanto ciò che va valutato è la positiva attività dirigenziale del magistrato, non le sue “qualità etiche”. Un “privilegio” di cui invece non ha goduto, ad esempio, Emilio Sirianni, ex presidente di sezione presso la Corte d’appello di Catanzaro, anche lui assolto in disciplinare e in penale ma “punito”, in sede di riconferma, per la sua amicizia con l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, col quale ha espresso commenti poco lusinghieri sul procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.

«Se fossi stato presente, avrei votato convintamente e decisamente contro la riconferma della dottoressa Rizzo alla guida del tribunale gigliato, al pari di quanto già feci due settimane fa con il caso Masia ( Vittorio, capo del tribunale di Brescia, ndr) - si legge nella mail inviata da Mirenda ai colleghi -. Non riesco, difatti, ad immaginare come si possa riconoscere doti di imparzialità ed equilibrio a magistrati che - come costoro - si siano capillarmente dedicati ad influire occultamente e abusivamente ( tramite raccomandazioni, segnalazioni, anatemi e altre confabulazioni indecorose) sulle procedure di nomina/ conferma del Csm; magistrati, i suddetti, chiaramente ispirati, come accade per tutti i correntocrati di qualsiasi segno, ad una logica “malata” e legata a tessiture relazionali inconfessabili, quantomai pericolose per l’indipendenza del singolo giudice e, a cascata, per il diritto dei cittadini ad avere magistrati trasparenti».

Un modus operandi che se ripetuto in una procedura concorsuale pubblica, sottolinea il consigliere del Csm, di sicuro attirerebbe l’interessamento della magistratura penale. «Sia benedetta, dunque, l’abolizione dell’abuso d’ufficio - conclude ironicamente - gioverà più a noi magistrati che agli amministratori pubblici». La prova che il sistema di gestione delle dinamiche consiliari sia ancora in mano alle correnti è dato da diversi elementi: il primo e più evidente è la circostanza che 18 consiglieri togati su 20 sono espressione di correnti.

Il secondo, che ancor oggi si svolgono riunioni correntizie all’interno di Palazzo dei Marescialli tra i consiglieri esponenti delle varie associazioni togate, alla presenza di elementi estranei allo stesso consiglio. Così, come si apprende da fonti interne, in diversi giorni della settimana a Piazza Indipendenza i consiglieri incontrano i segretari delle proprie correnti, alla presenza di alcuni magistrati segretari, «dimentichi di essere al servizio di tutta la struttura».

Lunghe riunioni durante le quali si decidono le strategie e le linee, assieme a chi, però, non fa parte dell’organo di autogoverno. Il terzo elemento è il riposizionamento delle correnti, funzionale alla vita dello stesso sistema. E in questo valzer, la nuova geografia correntizia vede Magistratura Indipendente e Unicost a braccetto, con i laici a garantire il blocco di potere, spiega un consigliere che preferisce l’anonimato.

Il nuovo fronte di maggioranza rispecchia, così, gli equilibri politici interni al Parlamento, con un governo pronto, però, ad attuare riforme poco gradite alla magistratura associata - a partire dalla separazione delle carriere, passando per il sorteggio dei togati del Csm -, rispetto alle quali l’Anm è sul piede di guerra. «I laici stanno sostenendo il nominificio, ma non è chiaro in cambio di cosa - fanno sapere voci interne al Consiglio -, dal momento che il programma dell’Anm non è certo sovrapponibile a quello della politica».

E in questo quadro la corrente progressista di Area - un tempo egemone all’interno del plenum e ora ridotta a gruppo di opposizione - stenta a trovare un proprio preciso collocamento. Vi è chi parla ironicamente di salubre «cura dimagrante» che «potrebbe spingere i magistrati democratici a ritrovare la vera anima progressista» , dopo anni in cui le regole «sono state piegate». Ed è ancora il consigliere Mirenda a parlare di «sistema dirigenziale mostruoso», capace di assoggettare la quasi totalità dei magistrati ad una casta direttiva a vita, sistema che ora «va ripensato» . «Il sistema è imploso, è disfunzionale e la prova di ciò è che ogni nomina è seguita da una marea di ricorsi, a dimostrazione della sfiducia dei collegi sulla trasparenza delle procedure consiliari».

Una soluzione netta - dice Mirenda - è quella del sorteggio temperato (lui stesso è stato sorteggiato), cosa che porterebbe ad avere non più soggetti «eterodiretti» bensì «giuristi che si confrontano lealmente e in modo indipendente, nell’interesse superiore della giustizia». Le sintonie, spiega, si creerebbero in maniera «endogena», volta per volta. Ma per realizzare questo progetto il prezzo è una nuova guerra tra toghe e politica. Proprio ciò che ieri il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con un appello rivolto ad entrambi i fronti, ha chiesto di evitare.