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Bruno Cherchi, procuratore di Venezia
La Commissione Giustizia della Camera ha svolto ieri le audizioni dei procuratori di Roma, Francesco Lo Voi; di Venezia, Bruno Cherchi; di Palermo, Maurizio De Lucia; di Brescia, Francesco Prete; l’aggiunto di Milano Tiziana Siciliano e il sostituto procuratore di Bari Marco Gambardella, in tema di abuso d’ufficio.
Se per Siciliano «il reato praticamente di fatto è inapplicato», per Cherchi «la paura della firma è sentita dai sindaci come un pericolo nell’agire amministrativo» e «spesso la notizia di reato viene strumentalizzata per avere spazio nella stampa», con il risultato che «l’esposizione pubblica è il vero danno che il soggetto pubblico subisce».
De Lucia ha puntato l’accento sul fatto che «oggi non è utilizzabile l’intercettazione nella quale emerga una condotta di abuso d’ufficio» e questo «ha un significato importante, perché in terre a forte infiltrazione mafiosa una preziosa fonte per acquisire illeciti nei confronti della Pa sono proprio le indagini di mafia, nella misura in cui le intercettazioni fatte con quel regime evidenziano comportamenti non corretti nella Pa o condotte di pubblici amministratori quantomeno contigui con le organizzazioni mafiose». E quindi «non poter utilizzare lo strumento del 323 cp (abuso d’ufficio, ndr) nei confronti di questi soggetti e sviluppare indagini per questo reato oggettivamente impone una limitazione anche alle indagini in tema di criminalità organizzata».
Gambardella ha spiegato invece di temere che «l’abrogazione dell’abuso d’ufficio finalizzata a scongiurare la paura della firma possa in realtà determinare un vulnus di tutela nell’ordinamento ed esporre i cittadini a possibili abusi da parte di amministratori infedeli». Né per l’abolizione del reato né per il mantenimento dello status quo è Prete, secondo cui «chi dice che la fattispecie di reato sia appagante rischia di perdere di vista le critiche di controparte», per poi chiedersi «che cosa ce ne facciamo di una norma così come è oggi strutturata». Infine Lo Voi, per il quale «prima di fare degli interventi su norme di questo genere, quando non passa giorno in cui non si senta parlare dei pericoli di infiltrazioni sui fondi del Pnrr, dovremmo meglio approfondirne il possibile impatto sia sulla nostra legislazione che sul panorama internazionale».