Bruno Cherchi continuerà a essere il procuratore di Venezia. Il Consiglio superiore della magistratura ne ha respinto ieri la proposta di trasferimento per incompatibilità ambientale. Il magistrato, che coordina l'inchiesta sull'omicidio di Giulia Cecchettin ed è stato “bacchettato” dal Corriere per non parlare con i giornalisti, era finito sotto la scure di Palazzo dei Marescialli per i suoi rapporti con il professore Massimo Montisci, ex direttore dell'Istituto di medicina legale di Padova, coinvolto in plurime vicende giudiziarie.

Nel mirino del Csm, in particolare, dei presunti favoritismi di Cherchi nei confronti di Montisci al quale, fin dal 2018, avrebbe affidato le consulenze necroscopiche disposte dalla Procura veneziana. A far partire la procedura di trasferimento per incompatibilità era stato il procuratore generale di Venezia, Federico Prato, con una segnalazione al Csm nel novembre dello scorso anno.

Cherchi, sentito sul punto, aveva precisato che i suoi rapporti con Montisci erano chiusi «formalmente e informalmente da molto tempo», e che la convenzione per l'affidamento delle autopsie all’Istituto di medicina legale di Padova era motivata dalle difficoltà di reperire medici legali «diversi dai due o tre maggiormente disponibili». Per il Csm, però, Cherchi avrebbe così boicottato un altro medico legale, Antonello Cirnelli.

Fra le contestazioni, poi, anche quella di aver partecipato a una festa a casa di un avvocato padovano insieme a Montisci all’indomani della perquisizione nei confronti di quest'ultimo nell'ambito dell'indagine “Tiveron”. Montisci, infatti, si era trovato il collega Cirnelli come controparte nel procedimento che coinvolse Cesare Tiveron, investito dall’auto di servizio dell’allora segretario regionale della Sanità veneta Domenico Mantoan. Montisci aveva affermato che l’uomo era deceduto prima per un malore, ma Cirnelli, per la famiglia di esso, l’aveva smentito.

Cherchi, di origini cagliaritane come Montisci, aveva ammesso di averlo conosciuto molti anni prima, essendogli stato presentato dal procuratore della Repubblica del capoluogo sardo. Durante i 15 anni di servizio presso la Procura di Padova e prima di arrivare a Venezia aveva avuto modo di frequentarlo sia per ragioni istituzionali e poi anche in un contesto amicale, al punto da avergli chiesto di fare il padrino della cresima di una delle sue figlie.

La convenzione con Montisci, comunque, era stata stipulata dal precedente procuratore di Venezia, Vittorio Borraccetti, e, in tale contesto, era stato previsto l’inserimento nei turni di medici legali facenti capo sia all’Istituto di medicina legale di Padova e sia alla locale Azienda ospedaliera. Quando era emerso che Montisci era stato indagato, era stato tolto dalla lista dei medici legali.

Va sottolineato, infine, che la collaborazione con l’Istituto di medicina legale di Padova è continuata non solo a Venezia ma addirittura Padova, previa riunione di tutti i sostituti che decisero unanimemente di escludere Montisci, proseguendo con gli altri medici al fine di assicurare la funzionalità di entrambe le Procure Montisci ha sempre ricevuto pochissimi incarichi e, esploso lo scandalo, solo altri cinque che probabilmente erano mere prosecuzioni di consulenze precedenti o liquidazioni di perizie. In ogni caso, il procuratore non aveva il governo di ogni singola nomina che addirittura non viene fatta dai sostituti ma direttamente dalla polizia giudiziaria sulla base della turnazione.

Relatore della proposta di archiviazione, poi accolta con 18 voti, è stato il togato Michele Forziati, esponente della corrente di Unicost, a cui appartiene anche Cherchi. Per il trasferimento, senza alcun incarico direttivo, si sono espresse le togate progressiste Mariafrancesca Abenavoli (Area) e Domenica Miele (Md).