L’ambasciatore russo prima querela la Stampa e poi rimprovera per ingratitudine gli “ex amici”...

Dopo il direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, Alexej Paramonov, tocca all’ambasciatore della Federazione in Italia, Sergey Razov puntare il dito contro la smemora- tezza del nostro Paese. Il tema è sempre lo stesso: Mosca ha aiutato Roma durante la fase più critica della pandemia ma ora che il peggio è passato il governo italiano si sarebbe rivelato irriconoscente, trasformandosi in uno dei più agguerriti nemici della Russia putiniana. «Nel 2020 al popolo italiano è stata tesa una mano di aiuto, che qualcuno ora morde in modo poco onorevole» , dice Razov. L’AMBASCIATORE RUSSO CONTRO LA NOSTRA “INGRATITUDINE”

Dopo il direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, Alexej Paramonov, tocca all’ambasciatore della Federazione in Italia, Sergey Razov puntare il dito contro la smemoratezza del nostro Paese. Il tema è sempre lo stesso: Mosca ha aiutato Roma durante la fase più critica della pandemia ( anche se le modalità di questo sostegno sono ancora tutte da chiarire) ma ora che il peggio è passato il governo italiano si sarebbe rivelato irriconoscente, trasformandosi in uno dei più agguerriti nemici della Russia putiniana. «Nel 2020 al popolo italiano è stata tesa una mano di aiuto, che qualcuno ora morde in modo poco onorevole», dice l’ambasciatore Razov, fuori dal Tribunale di Roma in cui si è recato per presentare un esposto per istigazione a delinquere e apologia di reato contro la Stampa per un articolo dal titolo «Guerra Ucraina- Russia: se uccidere Putin è l’unica via d’uscita» pubblicato sul quotidiano. E così, con la scusa della querela, Razov improvvisa una sorta di conferenza stampa in cui ribadisce i concetti che nell’ultima settimana si sono trasformati in una sorta di strategia russa per mettere in difficoltà l’Italia.

Perché dietro al ricordo reiterato del supporto di Mosca sembra celarsi un non detto indirizzato non solo al governo di allora ( il Conte due) ma anche a tutti gli alleati europei: per quanto il Belpaese ostenti ostilità contro Putin, sembrano voler dire i russi, fino a ieri l’Italia aveva una certa “intimità” con Mosca. In cosa consista questa intimità, ovviamente, non è dato saperlo, ma i funzionari della Fedarazione sembrano voler giocare proprio con questo mistero. Un segreto paventato da usare in funzione bellica, adesso, magari per provare a indirizzare, a spostare, le scelte del Parlamento italiano. Tanto da portare l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ad essere ascoltato dal Copasir due giorni fa. «I direttori delle agenzie di intelligence Aise e Aisi hanno assicurato che non c'è mai stata attività impropria che ha travalicato dai confini sanitari», si è sempre difeso l’ex premier. L’ambasciatore Razov, formalmente, conferma le parole di Conte, sottolinenando la regolarità dei rapporti tra i due Paesi, ma non rinuncia a rimettere sul piatto quell’aiuto controverso. «Lavoro in Italia da 8 anni e ho lavorato con Renzi, Conte, Letta e adesso Draghi», dice. «Abbiamo fatto di tutto per costruire ponti, rafforzare i rapporti in economia, cultura e altri campi. Con rammarico adesso tutto è stato rivoltato». Nemmeno una cenno ai motivi di questi “improvvisi” mutamenti nelle relazioni internazionali, ma Razov ne approfitta per esprimere preoccupazione per le «armi italiane» distribuite in Ucraina che «saranno usate per uccidere cittadini russi». Un gesto di inimicizia non giustificato nemmeno dalle parole del presidente russo sul nucleare: «Non ho visto nessuna minaccia in questa dichiarazione, soltanto una riflessione di scenari possibili in caso di minacce per la sicurezza nazionale russa», spiega l’ambasciatore.

Per quanto possa sembrare paradossale, che Mosca non si capaciti dei motivi di tanto astio da parte italiana non è così strano. Fino a ieri il nostro Parlamento pullulava di leader innamorati di Putin e partiti, diventati grandi, che coi russi intrattenevano relazioni poco trasparenti. Gli aggressori si sarebbero aspettati un trattamento di favore per questioni di riconoscenza o, almeno, per il timore di qualcuno di finire “sputtanato” dai vecchi amici. Ed è proprio quello, il potere della paura, che la Federazione vorrebbe continuare a esercitare. Perché, come dice Razov, «le crisi vanno e vengono e andrà via anche questa, ma gli interessi nazionali restano». E rapporti normali rapporti « tra Roma e Mosca, «sono interesse del popolo italiano e di quello russo e noi lavoriamo per questo».