C’è un filo – anzi, potremmo definirlo un cavo d’acciaio – che lega il diritto di difesa all’accesso agli atti. Questo principio è stato ribadito dal Consiglio di Stato con la sentenza del 4 dicembre n. 10498/ 2023 della Sezione quinta ( estensore Stefano Fantini, presidente Paolo Giovanni Nicolò Lotti).

I giudici di Palazzo Spada, nel sostenere che alcuni atti e documenti ( di natura organizzativa, contabile, tecnica e contrattuale) non sono più segreti, hanno riformato quanto deciso poco tempo prima dal Tar Lazio, accogliendo il ricorso di un lavoratore ex Alitalia al quale era stato negato l’accesso alla documentazione necessaria per sostenere in giudizio il suo diritto a conservare il posto di lavoro in Ita.

La segretezza degli atti, rientranti nel programma di cessione di Alitalia ad Ita, era stata invece dichiarata dal Tar. La documentazione di cui è stato chiesto l’accesso è stata ritenuta pertanto “indispensabile” dalla difesa del lavoratore per dimostrare in un altro giudizio, pendente davanti al giudice del lavoro, l’intervenuto trasferimento di azienda o di ramo di azienda relativo alle vicende che hanno interessato il passaggio da Alitalia ad Ita.

«I giudici del Consiglio di Stato – commenta l’avvocato Antonino Galletti che con i colleghi Massimiliano Bezzi e Gianluca Caputo ha difeso il lavoratore ex Alitalia - hanno ritenuto che, ai fini del bilanciamento tra l’interesse difensivo del lavoratore, che aveva chiesto i documenti per tutelare in sede civile il suo diritto all'assunzione, e la tutela della riservatezza, opera il criterio generale della necessità ai fini della cura e della difesa di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente a condizione della sussistenza in concreto dei presupposti generali previsti in materia di accesso».

Un punto della sentenza del Consiglio di Stato risulta di particolare interesse. Riguarda il rapporto tra il detentore dei documenti e il giudice amministrativo. «Non devono svolgere – commenta l’avvocato Galletti - una loro valutazione sull'ammissibilità o influenza o decisività del documento richiesto in giudizio, poiché tale decisione compete al giudice dinanzi al quale gli atti ed i documenti ottenuti con l'accesso saranno esibiti. Al lavoratore e al suo difensore è sufficiente evidenziare nell'istanza un ' sia pur minimo' collegamento tra la richiesta degli atti e lo scopo difensivo. Infatti, non poteva pretendersi dal lavoratore l'onere, con riguardo a ogni singolo atto o documento, di indicare in modo specifico e dettagliato la strumentalità della sua richiesta, perché si tratterebbe di un livello di dettaglio non compatibile con la condizione di non conoscenza dei documenti e di necessità di ricerca degli stessi».

Su un altro aspetto si sofferma, infine, la difesa del lavoratore appellante. Riguarda la “sacralità” del diritto di difesa che non può essere mai compresso o sacrificato per altre finalità. «Il Consiglio di Stato – conclude Antonino Galletti che ricopre anche la carica di consigliere del Cnf - ha correttamente riconosciuto la sacralità del diritto di difesa, scolpito all'articolo 24 della nostra Costituzione. In questo caso il diritto di difesa si coniugava con la tutela del diritto al lavoro. Nel nostro ordinamento può accadere ancora che il diritto di un lavoratore e quello inviolabile alla difesa possano prevalere sulla forza dell’economia. Gli articoli 1 e 24 della Costituzione prevalgono ancora. Rallegriamoci per questo».