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Con 14 voti a favore, 7 contrari e 6 astenuti, il Consiglio superiore della magistratura ha deciso ieri di non confermare nell’incarico di presidente della Sezione lavoro della Corte d'appello di Catanzaro, anche se mancavano poco più di due mesi alla naturale scadenza, il giudice Emilio Sirianni.
Mancanza di “autorevolezza culturale” e “indipendenza da impropri condizionamenti”, la motivazione. Il magistrato, come si ricorderà, era finito nel mirino del Csm per le interlocuzioni avute con Mimmo Lucano, allora sindaco di Riace. Lucano nel 2016 aveva ricevuto una verifica dei funzionari della Prefettura sul sistema di accoglienza dei migranti che aveva realizzato nel piccolo centro della costa ionica. L'accertamento finì poi in Procura di Locri ed i pm decisero di indagarlo per truffa nella gestione dei fondi europei, concussione e abuso d’ufficio. Il processo in primo grado si è concluso con una condanna a 13 anni di prigione. Senza sapere di essere intercettato, Lucano aveva allora chiamato Sirianni, suo amico e storico esponente di Magistratura democratica, per chiedergli consigli al riguardo.
«Da tutta la vicenda emerge con assoluta evidenza che la solidarietà amicale di Sirianni nei confronti di Domenico Lucano si associava anche alla condivisione ideale e valoriale dell’azione politica che quest'ultimo stava svolgendo, quale sindaco di Riace, nella materia dell'accoglienza dei migranti. Anche tale condivisione ideale e valoriale non può considerarsi incompatibile con il prerequisito dell'indipendenza da impropri condizionamenti», ha sottolineato il togato progressista Antonello Cosentino, favorevole alla conferma del magistrato, contestando il fatto che Sirianni avesse invece cercato di influenzare gli organi politici e la pubblica opinione, in ragione dell’appartenenza ad uno dei gruppi della magistratura associata.
Per Cosentino, le interlocuzioni avute con Lucano dimostrano soltanto «la messa a disposizione di un amico di competenze giuridiche generiche (e, peraltro, non inerenti alle funzioni giurisdizionali esercitate) e l’esercizio di un impegno civile militante a sostegno di un’azione amministrativa fondata su una visione della politica dell’immigrazione che Sirianni condivideva». In particolare, «non sono emersi fatti o comportamenti - ulteriori o successivi alle conversazioni intercettate - idonei a dimostrare la sussistenza di alcuna interferenza sulle procedure giudiziarie e amministrative a carico di Lucano».
A carico di Sirianni era stato aperto un procedimento penale e disciplinare, rispettivamente per favoreggiamento personale a vantaggio di Lucano, e per aver posto in essere attività idonee arrecare pregiudizio all'assolvimento dei doveri dei magistrati di riserbo equilibrio e correttezza. Entrambi si erano conclusi con una archiviazione. Sullo sfondo, comunque, sempre il tema della ’ segretezza’ delle conversazioni del magistrato. Inevitabile il richiamo alle chat di Luca Palamara.