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È il 30 marzo 1981, Ronald Reagan è appena uscito dall’hotel Hilton di Washington dove ha partecipato a un incontro con i sindacati della confederazione industriale ALF CIO. Una piccola folla di giornalisti e curiosi si avvicina al presidente repubblicano, tra loro il 26enne texano John Hinckley che improvvisamente esplode sette colpi di calibro 22: Reagan viene colpito al braccio sinistro, ma uscendo il proiettile entra nel torace e perfora un polmone, fermandosi a due centimetri dal cuore. Il presidente è grave ma viene operato d’urgenza dai medici del Washington University Hospital che gli salavano la vita; meno fortunato il suo portavoce James Brady che finirà in sedia a rotelle per il resto dei suoi giorni. Gli agenti dei servizi segreti arrestano Hinckley che non oppone alcuna resistenza, sottraendolo a un possibile linciaggio.
Nella perquisizione del suo appartamento vengono ritrovate decine di immagini dell’attrice Jodie Foster per la quale aveva sviluppato una morbosa ossessione dopo la visione del film Taxi Driver e di cui era stato uno stalker. Alla vigilia dell’attentato Hinckley le aveva scritto una lettera: «Con questo atto storico dimostrerò il mio amore nei tuoi confronti. È probabile che tentando di colpire Reagan verrò ucciso, ricordati quanto ti amo».
Considerato dai media d’oltreoceano come il più importante caso giudiziario dai tempi del watergate, il processo contro John Hinckley inizia il 30 aprile del 1982. Annunciando che il presidente Reagan non si presenterà in aula per testimoniare, il procuratore federale Roger M. Adelamn descrive il tentativo di omicidio come un atto «pianificato, pensato e calcolato» e chiede il massimo della pena.
Al contrario gli avvocati della difesa puntano sull’infermità mentale di Hinckley, citando i deliranti scritti rinvenuti in casa di Hinckley tra cui alcuni pensieri sull’omicidio del musicista John Lennon e alcune audiocassette che contenevano dichiarazioni di amore per Jodie Foster. Le udienze diventano così una lotta tra esperti che testimoniano sulla salute mentale dell’imputato. I periti dell'accusa riconoscono le turbe mentali di Hinckley ma per loro sono semplici “disturbi della personalità” e rifiutano di ammettere che la sua capacità di distinguere la realtà dalla finzione fosse compromessa; un neuropsichiatra chiamato a testimoniare dal procuratore sostiene che il cervello di Hinckley sia del tutto normale, altri suoi colleghi lo dichiararono mentalmente sano e consapevole delle proprie azioni. I tre esperti della difesa invece lo dichiarano affetto da psicosi e «incapace di intendere e di volere». In aula portano anche una prova neuroscientifica: si tratta di una tomografia assiale computerizzata (CAT) che mostrerebbe una evidente atrofia nel cervello del loro cliente.
Vengono poi rispolverate delle vecchie perizie precedenti l’attentato: tra i sette specialisti che lo visitarono solamente il dottor William T. Carpenter Jr. diagnosticò a John Hinckley una severa forma schizofrenia. Un altro psichiatra, John Hopper, sconsigliò ai genitori di farlo ricoverare non avendo osservato segni evidenti della malattia mentale. Non la pensavano così il fratello e la sorella di Hickley che pochi mesi prima dell’attentato avevano visto peggiorare le sue condizioni psichiche pregando il padre di mandare John in una casa di cura per paura che commettesse «un atto terribile». Mai come nel caso Hinckley la definizione di salute mentale fu così al centro di un dibattito processuale.
La sentenza viene pronunciata il 22 giugno 1982: Hinckley è dichiarato non colpevole per manifesta follia. Un sondaggio di ABC News condotto il giorno dopo il verdetto mostrò che l'83% degli intervistati pensava che «giustizia non fosse stata fatta». Alcuni, senza portare alcuna prova , attribuirono il verdetto a un pregiudizio politico anti- Reagan da parte della giuria di Washington, D.C. composta da undici neri e un bianco. Molte altre persone, tuttavia, diedero la colpa a un sistema legale che, a loro dire, rendeva troppo facile per le giurie emettere verdetti di non colpevolezza nei casi di infermità mentale. Affermazioni prive di fondamento considerando che solamente il 2% degli imputati viene assolto per disturbi psichici.