LUCA MERCALLI

«Il cambiamento climatico è evidente. Certo il rischio di un populismo “ambientalista c’è, come c’è il rischio di dar voce a pseudoscienziati. Ma la politica deve imparare a dar retta ai climatologi seri». Parola di Luca Mercalli, climatologo e divulgatore.

GENNARO GRIMOLIZZI «Crisi climatica epocale, ma evitiamo derive ideologiche»

Luca Mercalli, climatologo e divulgatore scientifico, evidenzia che nella strage della Marmolada si è verificato un mix di circostanze tutte negative. A partire dal giorno, la domenica, e dal periodo di vacanza che ha attirato in vetta più persone del solito. Senza, però, trascurare il caldo considerevole, provocato dai continui cambiamenti climatici.

Dottor Mercalli, la natura sta dicendo “basta”, si sta ribellando?

È una semplificazione eccessiva. Stiamo parlando di un fenomeno complesso. L’aumento della temperatura è stato un fattore determinante. I ghiacciai, comunque, hanno una loro dinamica. Purtroppo, quanto accaduto sulla Marmolada ha riguardato una zona molto frequentata, in un’ora particolare, in una giornata, la domenica, in cui accorrono in certi luoghi più persone del solito. Tutti elementi che hanno determinato anche un numero alto di vittime. Se fosse capitato in un luogo disabitato, di notte, non avremmo avuto nessuna notizia del fenomeno al quale abbiamo assistito.

Sono tanti, dunque, i fattori da prendere in considerazione?

Certo e bisogna valutarli nella loro complessità. Non è possibile semplificare e dire che è stata la colpa di un fattore piuttosto che di un altro. Ci sono state delle circostanze che hanno purtroppo creato questa tragedia. Non dimentichiamo che stiamo parlando di uno dei ghiacciai più frequentati dell’arco alpino, un posto conosciutissimo, in una domenica di luglio in un periodo di vacanza. Temiamo anche conto che stiamo parlando di un ghiacciaio che non presentava dei rischi palesi tali da indurre a bloccare l’accesso degli scalatori. Era un ghiacciaio come ce ne sono tanti altri. Sulle Alpi se ne contano ben 4400. Esistono ben altri ghiacciai, chiamiamoli così, più cattivi, più a rischio e per questo motivo monitorati di continuo. Su questi, ci sono dati per un eventuale intervento delle amministrazioni. Quello della Marmolada era un ghiacciaio normale.

Da oggi in poi serviranno nuove regole per le escursioni estive?

No, a mio parere non è possibile. Come detto, ci sono 4400 ghiacciai sulle Alpi per 1800 chilometri quadrati, in quattro nazioni diverse. Occorre che ognuno faccia i suoi calcoli, sapendo che l’alta montagna e i ghiacciai sono sempre pericolosi. Con il cambiamento climatico lo diventano un po’ di più. Sta all’alpinista fare alcune oculate valutazioni, così come non possiamo chiudere l’accesso a tutti i ghiacciai. Per quelli palesemente a rischio, che hanno una particolare morfologia o che lasciano pensare a ripetuti fenomeni di scioglimento, ci sono gli strumenti di monitoraggio per valutare una eventuale chiusura. Stiamo parlando però di ghiacciai molto diversi da quello Marmolada. Se dovessimo applicare lo stesso metro a tutti i ghiacciai come la Marmolada, dovremmo chiudere tutte le Alpi ed impedire di fare alpinismo. Sarebbe una decisione irragionevole.

Le immagini trasmesse in questi giorni fanno non poca impressione. Alcuni ghiacciai sono scomparsi, altri stanno scomparendo. Le conseguenze di questi stravolgimenti si vedono anche a valle… Stiamo parlando di una dinamica in atto già da molti anni. Non è una sorpresa di oggi. Purtroppo, quest’anno abbiamo delle condizioni particolarmente sfavorevoli per i ghiacciai. Non c’è stata la neve in inverno e i mesi di maggio e giugno sono stati molto caldi, con temperature al di sopra della media che hanno favorito l’ulteriore riduzione, l’impoverimento e la circolazione di acqua. La forte fusione del ghiacciaio ha fatto entrare l’acqua in un crepaccio e ha provocato il distacco inatteso. Ghiacciai come quello della Marmolada, sono condannati a scomparire. Fra una trentina di anni non ci sarà più niente in quel posto. Avremo solo una pietraia. Avremo meno acqua e le siccità del futuro verranno acuite.

In tanti tornano alla carica per ammonire sui grossi rischi che corriamo. Questa è anche l’epoca del populismo ecologista con una forte carica ideologica?

Io mi rifaccio semplicemente ai dati scientifici. Questi ci dicono che stiamo creando una crisi ambientale unica, epocale, che ha un nome specifico: antropocene. Da questo dipende la perdita delle biodiversità, delle specie, il cambiamento climatico, l’inquinamento di plastica negli oceani e la deforestazione tropicale. Ci sono tanti indicatori di una situazione insostenibile con conseguenze per l’umanità. L’umanità è bene che si svegli e prenda atto delle criticità che la scienza ha messo tutte in evidenza, senza alcun dubbio, ma che spesso vengono messe nel cassetto. Nel momento in cui i problemi ambientali vengono esasperati in temi politici allora andremo incontro all’ideologizzazione. Questo problema non è degli scienziati, ma dall’attitudine delle persone ad evitare delle responsabilità.

Corriamo il rischio, come avvenuto per la pandemia, che tv e media siano invasi da esperti, anche improvvisati, di clima e problemi ambientali?

Lo stiamo vedendo già in questi giorni. Ho sentito tanta gente parlare di ghiacciai e probabilmente non vi ha mai messo piede. È un pericolo che riguarda anche il nostro settore. La speranza è che i commenti e i consigli vengano richiesti ad esperti del settore e non a persone che si occupano di altre discipline, senza le conoscenze adeguate per pronunciarsi. La mia opinione è che fra una settimana sarà tutto dimenticato, come già avvenuto per altri mille eventi di questo genere. Si pensi alla tempesta Vaia sulle Dolomiti del 2018. La distruzione verificatasi provocò tanta emozione. Vedere i boschi delle Dolomiti rasi al suolo ha scosso gli animi di tutti. Dal 2018 che cosa è cambiato? Una settimana dopo è finito tutto.

La comunità scientifica è ascoltata dai decisori, dalla politica, rispetto alle problematiche ambientali?

No, non è ascoltata abbastanza dai decisori perché se così fosse verrebbero presi alcuni provvedimenti. Questo lo dice anche il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che si lamenta dello scarso interesse e della grande indifferenza che tutti i leader politici mondiali hanno nei confronti dell’ambiente e del clima.

UNA POLITICA DISATTENTA

«CI SONO TANTI INDICATORI DI UNA SITUAZIONE INSOSTENIBILE, PROVOCATA DALL’UOMO. LA COMUNITÀ SCIENTIFICA NON È ASCOLTATA ABBASTANZA DAI DECISORI: SE COSÌ FOSSE VERREBBERO PRESI PROVVEDIMENTI.

QUESTO LO DICE ANCHE IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU GUTERRES»