Introdurre il reato di manipolazione mentale: è quello che chiedono Lega e Fratelli d’Italia. Sono stati infatti presentati due ddl, uno a prima firma della senatrice del Carroccio Tilde Minasi, l’altro del senatore del partito della premier, Sergio Rastrelli.

Entrambe le proposte di modifica normativa puntano ad inserire nel codice penale il nuovo articolo 613 quater che dovrebbe punire tutti quei guru, santoni, maestri che si approfittano di soggetti psicologicamente deboli sottraendo loro denaro, ottenendo prestazioni sessuali, riducendoli in schiavitù in cambio di una presunta purificazione spirituale o della risoluzione di problemi personali, familiari, lavorativi. Come? Attraverso, ad esempio, il love bombing o la trance ipnotica.

Le pene previste sono altissime. La Lega chiede che tali condotte vengano punite con la reclusione da tre a otto anni. E se il fatto è commesso in danno di persona minore di anni diciotto, la pena non può essere inferiore a sei anni di reclusione. Rastrelli invece chiede carcere da cinque a quindici anni e una multa da 5.000 a 20.000 euro. La pena è aumentata da un terzo alla metà qualora il reato sia commesso nei confronti di persona minore di età o con ridotta capacità di intendere e volere. Su tale previsione si trova d’accordo anche il Ministro della Giustizia Carlo Nordio che lo scorso gennaio alla Camera disse che bisogna colmare il vuoto normativo relativo alle organizzazioni settarie. Alla faccia del diritto penale minimo e liberale.

Comunque, la discussione sui due ddl è stata avviata oggi nella commissione Giustizia di Palazzo Madama. Le iniziative parlamentari partono dal presupposto che ci sarebbe un «vero e proprio allarme sociale» legato alle psicosette. Nel ddl di Rastrelli si riportano anche dati statistici del «Codacons, aggiornati al 2022, che stimano in Italia la presenza di oltre 500 tra sette e psicosette, e che a seguito della pandemia, e con l’arrivo dell’era digitale, si sarebbe moltiplicato, tant’è che oggi vi sarebbero in Italia circa 1.500 tra sette e psico-sette».

Eppure in passato era stata la Corte Costituzionale a bocciare il reato di plagio. Si tratta della sentenza n. 96 del 9 aprile 1981 che dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 603 cp che puniva chiunque sottoponeva una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione. Il caso riguardava Emilio Grasso, sacerdote appartenente al Movimento carismatico, accusato da alcuni genitori di aver plagiato i figli minorenni. Il 2 ottobre 1978 il Giudice istruttore presso il Tribunale di Roma sollevò presso la Corte Costituzionale una questione di legittimità costituzionale. La norma fu ritenuta in contrasto con il principio di tassatività della fattispecie contenuto nella riserva assoluta di legge in materia penale, consacrato nell'art. 25 della Costituzione.

In pratica era inverificabile il fatto contemplato dalla fattispecie, era impossibile accertarlo con criteri logico-razionali ed inoltre c’era l'intollerabile rischio di arbitri dell'organo giudicante. Piccola nota storica: a rappresentare l’imputato di plagio c’era Mauro Mellini, parlamentare nel 1976 con il Partito radicale; a sostenere le ragioni delle parti civili l’ex ministro Giovanni Maria Flick. Negli ultimi decenni in Italia sono stati poi depositati in Parlamento diversi disegni di legge per reintrodurre il reato di plagio psicologico, ma gli iter non si sono mai conclusi poiché la fattispecie è troppo indeterminata. Addirittura nel 1992 fu l’allora Ministro Giuliano Vassalli a dar vita alla cosiddetta Commissione Pagliaro per un nuovo codice penale con cui si voleva, altresì reintrodurre il reato di plagio, ma il progetto fu poi abortito.

Comunque nonostante l'abrogazione dell'art. 603 c.p., il diritto penale offre comunque tutele in situazioni di manipolazione o suggestione, soprattutto nei confronti di persone fragili o vulnerabili. In particolare, la giurisprudenza si è espressa in relazione alla circonvenzione di incapace e all'omicidio del consenziente, sottolineando come anche una minorata capacità psichica possa viziare il consenso. Inoltre, ai fini dell'imputabilità, anche i disturbi della personalità possono essere rilevanti, purché incidano concretamente sulla capacità di intendere e di volere. Ma questa è tutta un’altra storia.