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E' necessaria una «riforma costituzionale dell'ordinamento giurisdizionale che, attraverso la creazione di due distinti Consigli superiori della magistratura, rafforzi l'autonomia del giudice, tutelandolo da condizionamenti interni». Lo scrive in un documento la Giunta dell'Unione delle Camere penali, ricordando che «nei giorni scorsi si è assistito ad un violento attacco mediatico nei confronti del giudice per le indagini preliminari di Milano, “responsabile” di aver accolto “solo” 11 su 153 richieste di custodia cautelare in carcere formulate dalla Direzione distrettale antimafia nell'ambito di una indagine avente ad oggetto l'asserita esistenza di un 'sistema mafioso lombardo', che sarebbe costituito da esponenti della mafia siciliana, della 'ndrangheta e della camorra».
Secondo i penalisti, «da oltre trent'anni si è venuta a creare nel nostro sistema una situazione di egemonia di fatto del pubblico ministero, protagonista assoluto della scena processuale, mediatica e politica, detentore della verità, unico a saper distinguere ciò che è lecito da ciò che è illecito, a saperne indicare i responsabili, ad avere il potere di contrastare il male, senza bisogno che vi sia alcun giudice e alcun successivo giudizio a riconoscere la bontà del suo operato».
Dunque, si legge ancora nel documento, «l'attacco mediatico nei confronti del gip di Milano, per aver posto in essere quel controllo che appartiene fisiologicamente alla propria funzione giurisdizionale, pone ancora una volta l'accento sulla necessità di una riforma costituzionale dell'ordinamento giurisdizionale che rafforzi la figura del giudice, come attore principale della giurisdizione, garantendone la piena autonomia e indipendenza dal pubblico ministero, attraverso la creazione di due distinti Consigli superiori della magistratura. Appare innegabile, infatti - concludono i vertici dell'Ucpi - che condividere la medesima collocazione ordinamentale, abitare la stessa “casa”, significa consentire all'abitante più forte di riverberare il proprio potere sugli altri, condizionandone l'autonomia, con indebite commistioni e improprie pressioni, veicolate anche attraverso la capacità di condizionamento dei meccanismi elettorali che presiedono alla elezione della componente togata del Consiglio superiore della magistratura».