«Personalmente credo che si tratti di un sciopero del tutto fuori luogo», afferma Andrea Mirenda, componente togato indipendente del Consiglio superiore della magistratura. «Si tratta - aggiunge il giudice veronese eletto a Palazzo dei Marescialli lo scorso settembre senza un gruppo di riferimento - di un ulteriore esempio della tracimazione dell’Associazione nazionale magistrati dal ruolo sobrio che, come associazione di diritto privato, le dovrebbe essere proprio».

Non scalda gli animi il dibattito alla vigilia dell’Assemblea dell’Anm che, in programma il prossimo fine settimana a Roma, dovrà decidere se scioperare o meno contro il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Al momento, infatti, Magistratura indipendente, la corrente moderata, sarebbe contraria. E anche da parte di Unicost, il gruppo centrista, non ci sarebbe particolare interesse. Nel mirino delle toghe era finita la decisione del Guardasigilli dello scorso aprile di avviare una azione disciplinare contro i giudici di Milano che avevano sostituito all'oligarca russo Artem Uss, su cui pendeva un mandato di estradizione negli Stati Uniti, la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari assistiti da braccialetto elettronico.

«Una regola fondamentale della materia disciplinare, immediata traduzione del principio della separazione dei poteri, è che il ministro e il Consiglio superiore della magistratura non possono sindacare l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella valutazione del fatto e delle prove. Sarebbe assai grave se questo limite, argine a tutela della autonomia e della indipendenza della giurisdizione, fosse stato superato», aveva detto all'epoca il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia, esponente di Area, la corrente progressista, l’unica al momento convinta della necessità dello sciopero.

Altro motivo di attrito, poi, riguarderebbe le iniziative legislative, al momento però solo annunciate, che il ministro avrebbe in programma di realizzare nel settore penale e che non troverebbero il gradimento dei magistrati. Si tratterebbe, tanto per fare qualche esempio, della stretta sulle intercettazioni telefoniche, della modifica dei reati contro la Pubblica amministrazione, ad iniziare dall'abolizione dell'abuso d'ufficio, di nuove per disposizioni per l’emissione di provvedimenti cautelari, affidandone la competenza ad un collegio. In caso l’Assemblea dell’Anm votasse per lo sciopero, sarebbe il secondo a distanza di un anno.

L’ultimo sciopero, contro le riforme volute dall’allora ministra Marta Cartabia, a dire il vero, non aveva avuto un grande successo. La percentuale di adesioni si era fermata poco sotto al cinquanta percento. Nel 2010, governo Berlusconi, la percentuale era stata invece più del doppio, il novantadue percento. In Cassazione, per la cronaca, la percentuale degli scioperanti lo scorso anno aveva superato di poco il ventidue percento. Lo sciopero, in caso venisse indetto, rischia di essere motivo di grande imbarazzo per i numerosi magistrati che sono in servizio a via Arenula e collaborano con Nordio nella stesura dei (contestati) provvedimenti legislativi e delle iniziative disciplinari.

«Si conferma anche questa volta la straordinaria capacità dell’Anm a guida correntizia di agitare polveroni riuscendo al contempo a stoppare ogni reale iniziativa rispetto alle azioni di governo, interne o esterne alla magistratura, che meriterebbero di essere, più che denunciate, adeguatamente contrastate», hanno dichiarato Cristina Carunchio, Giuliano Castiglia e Andrea Reale, componenti del Comitato direttivo centrale dell’Anm eletti nella lista Articolo 101. I togati indipendenti, all’ultima riunione, si aspettavano infatti che alla aspra critica di Santalucia contro il ministro seguisse poi un documento ufficiale dello stesso tenore. «Avevano proposto di arricchirlo - sottolineano - con una iniziativa concreta che ci sembra assai correlata al caso: invitare i soci dell’Anm attualmente fuori ruolo al Ministero della giustizia a chiedere il rientro in ruolo, ma la proposta è stata bocciata».

«Mi pare, senza che nessuno si senta offeso, una divertente contraddizione dell'Anm che, con i suoi migliori esponenti è comodamente rappresentata a via Arenula, salvo prendere le distanza da quanto essa elabora in quella sede», commenta con un pizzico di ironia Mirenda, secondo cui «questa Anm, insomma, è un po’ Penelope e un po’ partito di lotta e di “sottogoverno”». «L’ipocrisia diviene massima quando, da un lato, si invitano i magistrati a scioperare ma, dall’altro, ci si guarda bene dal chiedere ai fuori ruolo presso il ministero a rientrare nei ranghi. L’impressione è che, ancora una volta, l’obiettivo sia quello di fare tanto chiasso ma, al contempo, di evitare qualsiasi reazione concreta e contrasto effettivo rispetto alle iniziative del governo», aggiungono quindi i togati di Articolo 101. Attualmente i magistrati italiani sono da settimane in un non meglio precisato stato di “agitazione". «Gli italiani dovrebbe sapere, però, che l’Anm da anni è addirittura in “stato di mobilitazione”, deliberato dall’assemblea generale nel 2014 e mai revocato», puntualizzano i togati indipendenti.