La riforma della giustizia tributaria, adottata con la legge 130 del 2022, ha cambiato radicalmente questa giurisdizione speciale, istituendo il magistrato tributario di ruolo. La fine dell'assetto “onorario” ha reso fondamentale dare attuazione al principio costituzionale del giusto processo, a partire dal requisito dell’indipendenza.

Di questo si è discusso ieri nel convegno dal titolo Giustizia tributaria e delega fiscale. Le riforme nel prisma del diritto, organizzato dall’Associazione magistrati tributari, presidente l’avvocata Daniela Gobbi, presso il dipartimento di Sociologia e Diritto dell’economia dell’università di Bologna.

Le innovazioni apportate al rito, poi, hanno dotato il giudice tributario di poteri più ampi rispetto al passato, forieri di una diversa articolazione dell’istruttoria processuale. In tale ottica si inseriscono le novità del diritto sostanziale contenute nel disegno di legge delega per la riforma tributaria in discussione adesso in Parlamento. Alcune di esse, a seconda di come saranno attuate, costituiranno l’occasione per “pesare” il nuovo assetto ordinamentale, i poteri del giudice e le prerogative dei contribuenti sulla bilancia della certezza del diritto tributario.

«L’ingerenza del ministero dell’Economia e delle Finanze nelle attività della giustizia tributaria è innegabile. La recente riforma della giustizia tributaria non ha risolto il problema. Serve autonomia contabile e di personale, come avviene per il Consiglio superiore della magistratura, per garantire l'effettiva autonomia ed indipendenza del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria», ha evidenziato Antonio Leone, presidente del Cpgt. «Le degenerazioni correntizie sono estranee alla giustizia tributaria», ha aggiunto Leone a proposito delle polemiche di questi giorni che hanno riguardato il Csm. Al convegno hanno preso parte i futuri componenti laici del Cpgt: Alfonso Bonafede, Giorgio Fiorenza, Alessio Lanzi, Carolina Lussana.