La Corte d’Appello di Venezia «rigetta sistematicamente i ricorsi» presentati contro le sentenze di primo grado da parte dei richiedenti asilo. La denuncia arriva alla Camera avvocati immigrazionisti del Triveneto, i quali hanno intrapreso l’iniziativa comune di chiedere «verbalizzare la loro contrarietà a quella che sembra essere una regola per la corte veneziana».

In pratica - denunciano gli avvocati che si occupano di diritto dell’immigrazione - i giudici di appello hanno una percentuale di accoglimento dei ricorsi presentati dai migranti tendente allo zero, con conseguente «rigetto sistematico dei ricorsi; rifiuto del rinnovo di istruttoria, nonchè la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, già disposta dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, che solo in questa sede – ed in questa materia – consegue ineluttabilmente al mancato accoglimento della domanda».

In pratica, una doppia discriminazione per i richiedenti asilo: nessuna chance di veder accolto il ricorso, ma anche condanna al pagamento delle spese processuali e revoca del patrocinio a spese dello Stato.

«Questa iniziativa si pone nel solco di un’attività di contrasto a prassi del Foro lagunare non sempre tutelanti i diritti degli stranieri, a cominciare dal c. d. “Protocollo della Sezione Specializzata di Venezia”, adottato nel marzo del 2018 e tutt’ora utilizzato, senza alcun preventivo coinvolgimento degli avvocati immigrazionisti e degli Ordini distrettuali», scrivono gli avvocati del Cait.

Il riferimento è ad un protocollo - molto discusso all’epoca della sottoscrizione tra l’Ordine di Venezia e il presidente del Tribunale e nei fatti in pratica non applicato -, che contiene due previsioni molto contrastate: che «l’audizione del ricorrente verrà condotta esclusivamente dal giudice o dal Got delegato, senza l’intervento del difensore» e l’obbligo per i difensori di comunicare al giudice se «siano a conoscenza di malattie infettive del ricorrente».

Il tema delle richieste d’asilo continua ad essere di primaria importanza per le Corti d’Appello italiane, nonstante la creazione di sezioni specializzate e, soprattutto, nonostante il decreto Minniti- Orlando nel 2017 abbia di fatto abolito il secondo grado di giudizio per le decisioni del tribunale in materia migratoria. Quelle che attualmente la Corte di Venezia sta affrontando, dunque, sono le impugnazioni precedenti all’entrata in vigore della norma.

Ad oggi, le corti italiane sono alle prese con un arretrato significativo, che a Venezia - secondo quanto spiegato in gennaio dalla presidente della Corte, Ines Marini - tocca quota «1900 ricorsi, presentati prima dell’abolizione dell’appello». Nel 2018, invece, i fascicoli pendenti in primo grado erano 4mila, con 7mila richieste di gratuito patrocinio. Oggi, dunque - stando a quanto denunciato dagli avvocati che patrocinano proprio questi ricorsi in Corte d’Appello i giudici di secondo grado avrebbero deciso, nei fatti, di rigettare tutti i ricorsi.

Che si tratti di un giudizio ponderato e confermativo del primo grado, oppure una scelta per macinare più velocemente l’arretrato, impossibile dirlo. Resta, tuttavia, l’indignazione degli avvocati che annunciano come l’iniziativa di mettere a verbale la propria contrarietà alla decisione della Corte «verrà mantenuta per tutte le prossime udienze e si affianca all’attività di coinvolgimento degli Ordini già intrapresa da Cait sul piano istituzionale; ad oggi, inoltre, non sono escluse ulteriori forme di protesta».