Per dare un futuro al Movimento 5 Stelle «dobbiamo ricominciare dall’inizio». Mentre a Palazzo Chigi si ragiona su rimpasti e poltrone da sostituire, Beppe Grillo, garante e fondatore di un movimento diventato partito di governo nel giro di soli dieci anni, prova a ridare le coordinate, dalle colonne del Fatto quotidiano, per riportare sulla retta via la prima forza politica presente in Parlamento. Il potere, gestito in combutta con lo storico alleato di Silvio Berlusconi, ha corrotto irrimediabilmente lo slancio anti sistema del M5S, nel frattempo mandato a quel Paese dai suoi stessi elettori alle ultime elezioni: un “Vaffa” collettivo pronunciato da sei milioni di elettori.

Anche se lontano dall’impegno politico attivo, messo in un angolo dai suoi stessi “figli”, il comico genovese si sente in dovere dire la sua per salvare il salvabile. Certo, il Movimento 5 Stelle targato Di Maio non ha nulla a che spartire con la creatura concepita da Grillo e Gianroberto Casaleggio più di dieci anni fa, ma è proprio questo il problema il garante vuole sollevare, dando fiato a quanti, all’interno del partito, non hanno il coraggio ( e la forza) di trasformare il dissenso in azione politica.

«Non siamo nati per mettere delle toppe arricchendo appaltatori e sospetti topi notturni», scrive Grillo, definendo la Tav meno utile del ponte sullo Stretto di Messina. «Il nostro futuro è il lavoro che servirà a riparare quello strappo con la nostra storia, l’essere saliti su di un ring dimenticando di mantenere, e rinforzare, il rapporto con chi ci ha proiettato su quel ring», dice il vecchio leader, garante dell’ortodossia ormai perduta.

È come se a sottoscrivere il testo di Grillo ci fossero tutti i volti storici del Movimento insofferenti per lo strapotere del nuovo capo politico e a disagio per la subalternità al Carroccio. Perché il dissenso non è relegato solo all’orticello sinistrorso curato da Roberto Fico. Anche esponenti storiche come Roberta Lombardi e Carla Ruocco, di certo non provenienti da esperienze progressiste, o l’ex direttore della Padania Gianluigi Paragone, o il senatore Primo Di Nicola vedrebbero di buon occhio un cambio di passo. A partire dalla distribuzione delle cariche attualmente in mano a un unica persona: Luigi Di Maio, contemporaneamente capo politico, vice premier, ministro del Lavoro e ministro dello Sviluppo economico.

Una concentrazione simile non può non cozzare con gli ideali di chi ha conquistato il cuore degli italiani sparando a zero sulla “casta”. «Chi si è abituato al retrogusto di armadio vecchio delle poltrone ci resti pure, ma in silenzio», sottolinea Grillo. «Chi vive e parla deve riprendere da capo la nostra storia. Se non manterremo noi, per primi, la promessa di essere biodegradabili non avremo fatto nessuna differenz(iat)a».

Sì, perché l’obiettivo ultimo del Movimento 5 Stelle teorizzato da Grillo e Casaleggio era l’autodistruzione del Movimento stesso, una volta raggiunti tutti gli obiettivi, non il potere fine a se stesso. Il partito organizzato sui territori, con tanto di segreterie politiche, a cui sta lavorando Di Maio non è neanche la brutta copia di quel soggetto rivoluzionario costruito sull’orizzontalità intransigente dell’uno vale uno.

Ma il comico genovese non critica mai direttamente Luigi Di Maio nel suo ragionamento. Quando vuole attaccare il capo politico preferisce mettere nel mirino Matteo Salvini, il compagno di giochi del vice premier M5S. Quando parla degli “alleati di governo”, Grillo mette le virgolette, quasi a sminuirne il valore dell’intesa di governo. Poi sostituisce la penna con la clava e picchia duro sulla Lega come se avesse di fronte il principale avversario politico. Su loro «non c’è nulla da dire, hanno semplicemente riempito lo spazio dei timori seminato da decenni di follie», scrive il fondatore.

«Si comportano come un fiume che riempie un lago, un fenomeno naturale, sempre lo stesso, quando la gente si fa convincere di avere paura. Non importa se il lago tracimerà, nulla importa se tanta gente dà loro fiducia nonostante un rapporto matematico fatti/ parole che vuole più zeri dietro alla virgola del peso di una particella subatomica», aggiunge Grillo, recitando la parte già assegnata ad Alessandro Di Battista negli ultimi mesi: fustigatore del salvinismo e protettore dello spirito movimentista. Una sovrapposizione di ruoli che alla lunga potrebbe generare il sospetto di assistere all’ennesimo gioco delle parti. Ma in assenza di colpi di scena gli spettatori abbandoneranno la sala.