«Le faccio un esempio che non riguarda neppure l’ormai famigerata riforma del processo civile ma l’altra riforma targata Cartabia, relativa al penale. Hanno introdotto, fra le tante, una norma i cui effetti non sono ancora deflagrati, solo per motivi di tempo, ma di cui presto avvertiremo le conseguenze: chi intende proporre appello deve firmare una nuova procura al proprio difensore. Bene. Mi chiedo se chi ha scritto una norma simile abbia presente l’esistenza dei difensori d’ufficio. I quali vengono nominati in udienza. Dunque, il cittadino non abbiente, coinvolto in un processo penale, che necessita di un difensore d’ufficio, come ci arriva, nell’udienza d’appello, se prima non ha presentato ricorso e, quindi, nominato un difensore che glielo prepari? E se non è abbiente, come fa a dotarsi di un difensore? Semplicemente, non può avere un avvocato, perché l’avvocato d’ufficio potrebbe ottenerlo solo in un’udienza alla quale non arriverà mai, e si vedrà così negato il diritto all’appello...».
Francesco Greco, presidente del Cnf, si sofferma con cura sui dettagli dello strafalcione («da matita blu, e un avvocato non l’avrebbe mai commesso») appena descritto per spiegare un’altra verità semplicissima: «Non è possibile fare a meno degli avvocati negli uffici di un ministero della Giustizia. Non è pensabile quanto meno se si vogliono leggi sensate e in linea con la realtà quotidiana dei tribunali. Lo abbiamo ribadito al guardasigilli Carlo Nordio. Glielo ripeteremo domani sera in un incontro pubblico al quale interverremo insieme a Palermo, in vista del convegno di venerdì sulla Carta di Palermo, della quale ricorre il ventennale. Dallo stesso Nordio abbiamo già ascoltato la sola obiezione che sembra frapporsi a un’adeguata presenza di avvocati negli uffici di via Arenula, e cioè che, diversamente da magistrati e professori universitari, gli avvocati non si trascinerebbero dietro uno stipendio pubblico, e bisognerebbe quindi investire risorse per pagarli. Ecco, al guardasigilli ripeterò quanto gli ho anticipato a metà giugno: che se questa è l’obiezione, davvero l’unica, allora sarà il Consiglio nazionale forense a partecipare ai costi delle retribuzioni di quei colleghi che venissero distaccati nei ranghi del ministero, a cominciare dall’Ufficio legislativo».
Greco spiega così l’anticipazione apparsa nell’intervista di stamattina al “Foglio”, in cui appunto ha parlato di questa inedita soluzione che la massima istituzione dell’avvocatura è pronta ad adottare. «C’è un motivo che la rende necessaria, e riguarda appunto i paradossali esiti di un processo legislativo a cui gli avvocati non vengano coinvolti in prima linea, come nel caso della riforma Cartabia. A scrivere le leggi dev’essere chi macina quotidianamente, e con fatica, le aule e i corridoi dei Palazzi di giustizia. Si dirà: anche i magistrati sono parte dell’attività quotidiana della giurisdizione. Vero: ma si trovano in una posizione diversa. Sono, per intenderci, il terminale di una catena che in gran parte si svolge prima, ben prima del loro intervento. Non possono conoscere tutti i più sottili risvolti del lavoro quotidiano prodotto, per così dire, dietro le quinte del processo. In quel tipo di trincea ci siamo noi avvocati.

Ed ecco perché la presenza degli avvocati è indispensabile innanzitutto nell’Ufficio legislativo del ministero della Giustizia. Ecco perché il Cnf è disposto a impegnarsi economicamente pur di voltare pagina rispetto a un assetto come l’attuale, che vede tutti i posti chiave di via Arenula, a cominciare proprio dal legislativo, presidiati esclusivamente da magistrati. Almeno, in un recente passato, abbiamo avuto in quel ruolo figure di accademici che erano anche avvocati: i professori Giampaolo Parodi e Filippo Danovi. Aggiunsi, nel primo confronto con Nordio su questo tema: come è possibile, ministro, che proprio lei, dopo aver più volte descritto la giustizia come un tavolo a tre gambe, in cui una delle tre gambe, indispensabile perché il tavolo si regga, dev’essere l’avvocatura, non ha poi almeno seguito la scia precedente?

Ecco, a giugno rivolsi al guardasigilli esattamente queste parole. Si trattava di un incontro al quale Nordio tenne molto a essere presente, tanto da prendere l’aereo di Stato per rientrare a Roma in tempo dopo i funerali di Silvio Berlusconi. Dovevamo discutere del decreto ministeriale sulla cosiddetta sinteticità degli atti. Nel corso dell’incontro, pensai fosse necessario affrontare anche la questione degli avvocati negli uffici ministeriali. Pochi giorni fa abbiamo inviato al guardasigilli una lettera per ribadire l’intenzione di percorrere questa strada, di voler contribuire a sostenere i costi necessari per evitare che il legislativo di via Arenula, innanzitutto, sia presidiato da soli magistrati. Alla prima occasione, Nordio mi è sembrato disponibile. Nelle prossime ore verificheremo se è così. Di certo si tratta, per l’avvocatura, di un nodo cruciale. E ci impegneremo per risolverlo nella forma che riteniamo l’unica possibile».