Se qualcuno si fosse preoccupato del fatto che le “lezioni di mafie” del professor Nicola Gratteri, potessero interferire in qualche processo in corso, o che parlassero in modo esplicito del referendum di primavera sulla giustizia, ha proprio sbagliato la mira. E ha un tono quasi irridente lo stesso procuratore di Napoli nella risposta al ministro Nordio, che gli aveva chiesto chiarimenti in seguito a un’interrogazione del deputato di Forza Italia Pietro Pittalis.

La mia, ha scritto il magistrato al guardasigilli, è solo “libera espressione di pensiero”. E ha spiegato che le quattro puntate, mandate in onda da La7 il mercoledì in prima serata, sono state registrate tutte insieme durante le vacanze, nell’ambito di un’attività gratuita e non continuativa, in cui non si tratta mai di inchieste in corso.

Tutto vero, per quel che si è visto finora, nelle prime due puntate. E chissà se i telespettatori di La7 sapranno resistere alla noia di scene già viste e riviste sulle piantagioni sudamericane di foglie di coca e di spiegazioni banalizzate sul fatto che la ‘ndrangheta ormai non spara più ma si organizza in multinazionali immobiliari.

Già la seconda puntata, con la discesa dello share dal primo piccolo successo del 7% al 5,5%, senza paragonarla alla Ruota della fortuna con il suo 23% e neanche al 19% di Montalbano, ha segnato distrazione dopo il primo momento di curiosità. Ma il risultato comunque c’è già. Perché il procuratore ha messo in tasca, proprio come fa ogni volta che pubblicizza i propri libri, grosse briciole di popolarità. La sua immagine, la sua faccia, saranno impresse nella memoria di chi lo ha visto, anche di sfuggita, sullo schermo.

E così anche Capitan Gratteri, la toga dura e pura che guida la procura più forte d’Europa, è già pronto alla battaglia di primavera per il referendum sulla giustizia. Lo ha annunciato la settimana scorsa alla festa del quotidiano di riferimento, tra le ola dei manifestanti. Farà campagna per il No, va da sé.

Sarebbe strano il contrario. Visto che nella sua carriera di procuratore in Calabria, pure costellata più dai flop che dai successi delle sue inchieste, di giudici “appiattiti” ne ha incontrato più di uno. Ma del resto ai risultati non ha mai badato più di tanto. Piuttosto, proprio come un tempo era capitato a un altro uomo del sud, se pure in attività al nord, Tonino Di Pietro, per Nicola Gratteri il vero risultato è quello di essere oggetto di venerazione popolare. Anche se veleggiano nell’aere i fantasmi della sua creatività suggestiva di procuratore, “Basso profilo”, “Farmabusiness”, “Lande desolate”, palloncini ridotti in quel nulla che erano da subito, da quando si erano alzati al cielo. Le suggestioni sono il suo forte. Diversamente, come avrebbe potuto scrivere diciotto libri diciotto, in simbiosi con Antonio Nicaso, oggi suo collega anche in tv?

Testi così perfettini da parere compilati con l’intelligenza artificiale. Ma che importa? I libri non devono per forza essere letti, l’importante è che vengano comprati. E i suoi lo sono, eccome, diversamente la Mondadori non continuerebbe a coccolarlo come un cucciolo affettuoso e riconoscente. I libri, lo sappiamo, sono anche un grande strumento di propaganda. Lo sanno bene i politici, i quali, proprio come i magistrati, li scrivono, si fa per dire, “con”. E quel “con”, che in francese è solo una parolaccia, in italiano è preposizione preziosa a indicare chi il testo lo ha davvero pensato e steso. Poi, quando si va in giro per i paesi di mare e montagne di cui la Calabria è ricca, è sufficiente presentarsi come guerriero coraggioso e invincibile. Bisogna saper dosare il sussurro e il tono di voce alto. E parlare di giustizia con gli esempi, o la messa in burla.

Ricordate quando il Parlamento approvò la norma europea sulla presunzione di non colpevolezza? Quello fu il giorno, insieme ai tanti che seguirono, blitz dopo blitz, del vero trionfo di Nicola Gratteri nella comunicazione, l’arte che gli riesce meglio. A ogni arresto il procuratore si presentava in conferenza stampa, accerchiato da tante divise con tante stellette, e annunciava tutto giulivo, come fece nella sua ultima esibizione, “oggi abbiamo arrestato 84 presunti innocenti”. Lui ridacchiava e il popolo adorante era in delirio. Proprio come trent’anni prima i cittadini milanesi andavano in corteo con le torce accese intorno al palazzo di giustizia gridando “Di Pietro facci sognare”. Così i magistrati sempliciotti nell’apparenza ma di grande astuzia nella realtà sanno combattere anche le riforme più sofisticate. Come quella che, passando dai tempi di Cartabia a quelli di Nordio, ha introdotto l’interrogatorio dell’indagato da parte del gip pima della decisione sulla custodia cautelare.

Il procuratore Gratteri non parla al suo popolo solo di “colletti bianchi”, come farebbe quel sapientone di Caselli o quel mafiologo di Scarpinato. Lui va subito nel basso napoletano, a toccare con mano i problemi delle famiglie con il figlio scapestrato e tossico. Se la madre disperata va a denunciare lo spacciatore e questo viene interrogato prima dell’arresto, verrà anche a sapere chi è che sta cercando di mandarlo in galera, e magari attuare una ritorsione. Questo dice alle mamme di Scampia, e il ministro Nordio con le sue riforme è già fritto nell’opinione pubblica, proprio come Cartabia. Possiamo quindi già immaginare la sua campagna di primavera contro la separazione delle carriere tra giudici e magistrati requirenti. Sembra un paradosso, ma chi è contrario alla riforma costituzionale, e proprio per l’eccesso di potere che si concentrerebbe nelle mani del pubblico ministero, descrive il rappresentante dell’accusa proprio come un “gratterino”.

Individualista, molto attivo, magari anche simpatico, ma comunque pericoloso perché troppo decisionista. Lui invece, il Gratteri autentico, pare avere il timore opposto. Cioè che, attraverso la (inesistente) sottoposizione della toga requirente al ministro guardasigilli, non si possa più indagare sulla mafia o la corruzione, in quanto altre potrebbero essere le priorità politiche. Che non è un argomento astratto. Perché intanto, con le sue “lezioni” su La7, e le spiegazioni sulla pericolosità delle organizzazioni mafiose, Nicola Gratteri ci sta già offrendo un antipasto di quel che sarà la sua campagna di primavera. In quell’occasione il procuratore-scrittore si mostrerà, ne siamo certi, come il più “puro”, quello che non si è mai fatto contaminare dalle correnti sindacali delle toghe.

Racconterà che tutte quelle belle indagini sul narcotraffico, proprio quelle di cui ci ha raccontato in tv, non si potranno più fare. Non avrà bisogno di aderire al Comitato dell’Anm contro la riforma Nordio. Gli basterà condurre la sua campagna solitaria e immacolata. Che rischia di essere più efficace di tutte le conferenze dei sindacalisti dell’Associazione Nazionale Magistrati. Sarà bene che Carlo Nordio e i futuri Comitati per il Si lo tangano d’occhio, questo scrittore-conferenziere. Perché alla fine è più politico dei politici, anche di quelli in toga.