«Sto leggendo e rileggendo il testo dell'audizione di Nicola Gratteri e sono francamente sorpreso ed arrabbiato…». Le dichiarazioni del procuratore di Catanzaro davanti alla V Commissione circolano nelle chat, passano di mano in mano, suscitano riflessioni. Tra i pm di Napoli, soprattutto, ma anche tra i colleghi di altre procure, specie se dal capoluogo campano ci sono passati e ci hanno lasciato un pezzo di cuore.

«L’audizione di Gratteri ha fatto aumentare molto le perplessità tra molti dentro il consiglio e soprattutto fuori, a cominciare da Napoli», dice un consigliere del Csm poco prima della nomina. E il fastidio per quello che molti hanno definito paternalismo è palpabile anche in aula, durante un plenum che ha rappresentato il punto di non ritorno nella discussione sul ruolo del procuratore. Non c’è magistrato che non ripeta che la colpa è della riforma del 2006, che ha trasformato il capo dell’ufficio in un vero e proprio sovrano. Quindi c’è poco da stupirsi: l’unica differenza tra Gratteri e gli altri è l’onestà di ammetterlo.

Le parole che trapelano da una delle tante chat di gruppo nelle quali le toghe si scambiano opinioni sono di fuoco. «Io ho il massimo rispetto per i colleghi degli altri Uffici - afferma una toga partenopea -, ma pretendo rispetto per chi lavora a Napoli, sia che lavori in Dda o alla procura ordinaria». A parlare è gente d’esperienza, gente che la toga la indossa da un pezzo e che ha superato i limiti previsti per la permanenza in antimafia. Gente che ha dovuto fare una scelta: lasciare Napoli e continuare a lavorare in Dda o rimanere, ma occupandosi di reati ordinari. Una scelta che anche Gratteri ha dovuto fare: non volendo tornare a fare il muratore, ha preferito rimanere architetto, per citare una sua metafora.

Ma c’è chi ha optato per la scelta opposta e che ora non ci sta a sentirsi definire «depresso». E che si tratti di una semplificazione, di uno stile linguistico, poco importa. «I magistrati meritano rispetto anche se hanno fatto esperienza lontano dalla Calabria», continua una toga, che considera specifico il discorso di Gratteri: se si parla di uffici con almeno 90 magistrati, di quale potrebbe parlare se non di Napoli o Roma? «Pretendiamo rispetto da chi si accinge a dirigere un ufficio così grande», continuano i colleghi del nuovo procuratore.

Sono messaggi che raccontano - in parte - il clima dell’attesa, l’accoglienza che al magistrato calabrese potrebbe essere destinata al suo arrivo a Napoli. Dove le toghe sperano di mantenere la «democrazia interna», per garantire «l'autonomia diffusa del pm, diversa dalla posizione della polizia giudiziaria, i cui vertici possono, loro sì, spostare con facilità marescialli e colonnelli». Cosa che anche Gratteri, di fatto, ha dichiarato di poter fare, ma coi magistrati, come dimostra il caso del pm invitato a chiedere il trasferimento per evitare un parere negativo. Magistrato che si trova nel distretto che ora il procuratore si troverà a guidare e col quale, dunque, avrà di nuovo a che fare. E c’è chi si chiede se il Csm abbia mai verificato cosa ci sia scritto, in effetti, nel parere che lo ha portato a diventare capo di un ufficio, ma lontano da Catanzaro. Metodi «non accettabili - continua la toga -. Se un sostituto lavora male, lo si invita a far meglio ed altrimenti lo si scrive nel parere».

Il timore, ora, è che la procura si trasformi in una sorta di caserma. I pm sono chiari: i controlli sul lavoro dei magistrati vanno fatti, ma senza il «populismo degli orari». Ciò che conta è la qualità del lavoro, anche perché c’è chi è costretto a lavorare da casa, magari per carichi familiari pesanti. I giudizi sono i più disparati: chi parla di «ipertrofia dell’io», chi di paternalismo, chi di assolutismo. Un quadro che vede il procuratore come un «re comprensivo finché non ci sia qualcosa che lo infastidisce». Insomma, un potere «non controllato da nessuno» e con «un inquietante complesso di superiorità». La vera rivoluzione è «la sobrietà», dice qualcuno. Ma c’è chi preferisce andare oltre gli slogan e guardare fatti concreti, invitando i detrattori a considerare, comunque, i «risultati eccezionali» raggiunti da Gratteri e lo stravolgimento di «soporifere, quando non grigie, consuetudini e deleteri equilibri» prima vigenti a Catanzaro. Un uomo «animato da generosi intenti nel suo essere brutale, che sa creare un positivo clima di gioco di squadra che moltiplica le forze in campo. Mi piacerebbe solo che nel ribadire il modello di dirigente che ci piace - conclude una toga -, si premettesse forte e chiaro che comunque non si mette sullo stesso piano il valore di chi lavora con impegno e determinazione per gli altri con chi invece lavora per soprattutto per se stesso e la sua benedetta carriera».