È una di quelle vicende che ispirerebbero sicuramente Kafka o Pirandello. Parliamo della giustizia riparativa, prevista dalla riforma Cartabia, che può essere utilizzata per intraprendere un percorso. Ma la riforma resta inattuabile per l’inadempienza dello Stato, come nel caso raccontato da Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera. La vicenda è quella della bambina di un anno dimenticata in auto dal padre a Roma in una caldissima giornata dello scorso giugno, convinto di averla accompagnata all’asilo, e morta per un colpo di calore. 

L’avvocato dell’uomo aveva chiesto al Tribunale di Roma la possibilità di accedere a un percorso di giustizia riparativa. Alla richiesta ha dato il suo parere favorevole il procuratore aggiunto Paolo Ielo, ma la gip Daniela Caramico D'Auria ha dovuto dichiarare il “non luogo a provvedere” per colpa della inadempienza dello Stato. Sì proprio così: a un anno dall’entrata in vigore lella legge mancano i Centri per la giustizia riparativa di riferimento ai quali inviare le parti. Infatti solo il 27 luglio è stata nominata la Commissione nazionale di esperti per i requisiti dei Centri e la formazione dei mediatori, che si è riunita per la prima volta il 25 ottobre.

Fanno eccezione solo tre regioni, Lombardia, Emilia Romagna e Puglia, dove enti locali, magistrati e avvocati hanno sottoscritto protocolli per riconoscere come adeguati alcuni dei mediatori esistenti già prima della legge. Ci si aspetterebbe un intervento chiarificatore da parte del ministero della Giustizia, ma la circolare 6/2023 sembra alimentare la confusione. Si legge che mancando i Centri “non possono essere intraprese iniziativa a cura dell'Amministrazione”, ma aggiunge poi che è: “però opportuno ricordare che esperienze di altra natura, fondate su prassi o discipline di settore previgenti al decreto, possono continuare a essere seguite”. 

Insomma lo Stato prevede l'accesso alla giustizia riparativa, ma la nega perchè non ha attivato i Centri dove si dovrebbe svolgere il percorso riparativo.