«Soluzioni come quella descritta dai giornali sono da Medioevo del diritto», dice un esponente di primo piano di Forza Italia parlando dell’ipotesi prescrizione attribuita al ministro Carlo Nordio. Ovvero quella descritta da Repubblica, secondo cui il termine comincerebbe a decorrere non dal momento in cui il reato viene commesso, ma dal momento in cui il reato viene scoperto.

Un'ipotesi contraria a quello che è il “faro” del partito di Berlusconi: il giusto processo. E che viene respinta con forza da uno dei partiti di governo, convinto, però, che tocchi aspettare una dichiarazione ufficiale. Il Guardasigilli non ha infatti né confermato né smentito le indiscrezioni di Repubblica e da via Arenula rimandano all’intervista rilasciata al Corriere della Sera: «La riporteremo nell’ambito del diritto sostanziale, come causa di estinzione del reato e non di improcedibilità - ha affermato Nordio -, soluzione, quella della riforma della ministra Cartabia, che ha creato enormi difficoltà applicative». Ed è questo, al momento, a rassicurare tutti, convinti che sia il caso di passare all’azione con riforme garantiste, come quelle contenute nel ddl Nordio, sul quale Forza Italia ha intenzione di intervenire con emendamenti «migliorativi in chiave garantista».

I forzisti, dunque, attendono. Convinti, come spiega Pietro Pittalis, vicepresidente della Commissione Giustizia alla Camera, che l’unica soluzione sia quella del ritorno alla prescrizione sostanziale. «Per noi è irrinunciabile - spiega - e risponde ad un principio sacrosanto che decorra del momento della commissione del fatto e non da quando si scopre». Ma non ci sarebbe «nessuna polemica nei confronti del ministro Nordio - chiarisce -. Da parte sua non c’è stato ancora nessun atto concreto sul quale confrontarci. Sono tutte ricostruzioni e non so se il ministro alluda, eventualmente, a situazioni particolarissime e speciali, di carattere straordinario. Dobbiamo avere la massima prudenza. Nell’ipotesi in cui fosse quella la proposta la posizione di Forza Italia è chiara».

La convinzione comune, però, è che si debba prima parlare delle riforme e poi presentarle. Una questione di metodo, afferma Tommaso Calderone, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia a Montecitorio: «Siamo una maggioranza e delle riforme ne dobbiamo parlare tra partiti». Il sostegno al ministro è fuori discussione, ma la «stella cometa del partito rimane quella indicata da Berlusconi, il garantismo». Il che vuole dire che «le garanzie nel processo, le garanzie del cittadino, sono sempre da salvaguardare», così come quelle delle vittime. «Ciò che ci interessa è la celebrazione del giusto processo», aggiunge. Il che significa anche passare per una serie di riforme come la separazione delle carriere, priorità assoluta della giustizia secondo Calderone. «Sono primo firmatario della proposta costituzionale che stiamo discutendo in Commissione Affari costituzionale e il 6 si ricomincia la trattazione con le audizioni del presidente dell’Anm, del presidente del Cnf e di quello dell’Ocf. Siamo molto determinati, ma del resto anche gli altri partiti di governo avevano nel programma la separazione».

Ma il giusto processo passa anche per la riforma delle intercettazioni, per le quali non basta la stretta alle pubblicazioni. E poi la prescrizione, riforma per la quale Calderone rimanda al lavoro già svolto in Commissione Giustizia alla Camera, dove «siamo in uno stato avanzato». Ed è da lì, secondo i forzisti, che si deve partire, anche perché «il Parlamento è sovrano». Anche perché sul punto i distinguo sono chiarissimi: «Che la prescrizione possa decorrere dal giorno della scoperta del reato a me pare una cosa dell’altro mondo - commenta Calderone -. Io credo di no, ma se è questa la proposta mi vede assolutamente contrario».

Sulla possibilità che si tratti di un “cedimento” di fronte alle pressioni della magistratura su Nordio il deputato è tranchant: «Le leggi le scrive il Parlamento, la magistratura le applica e il cittadino le osserva. La Repubblica parlamentare funziona così. Io non faccio irruzioni nel procedimento decisionale della magistratura - sottolinea -. Posso essere d’accordo o no, ma il legislatore non entra nei loro compiti e nelle loro funzioni costituzionali. Sarebbe il caso che la magistratura facesse lo stesso. Può dare il proprio contributo intellettuale, ma le leggi le scrive il Parlamento. Purtroppo non possiamo dire che negli ultimi 30 anni sia andata così».

Una cosa è certa: «Le irruzioni della magistratura sicuramente non influenzeranno Forza Italia». Al cui interno il clima «è di grande coesione». Soprattutto sui temi della giustizia.