Da ormai un anno giace inerte alla Camera una proposta di Forza Italia per riportare nel perimetro della Costituzione le norme su sequestri e confische antimafia. Tutto tace: la commissione Giustizia di Montecitorio e in generale il centrodestra si sono ben guardati dal calendarizzare una proposta capace sì di restituire un principio di civiltà all’ordinamento, ma evidentemente sgradita alla magistratura.

Eppure non tutti i giudici sono insensibili alla presunzione d’innocenza e al diritto di difesa, cardini che le misure di prevenzione previste dal codice antimafia sradicano con una violenza degna degli ayatollah: la sesta sezione penale della Cassazione ha infatti recentemente trasmesso alla Consulta atti relativi a una delle norme in questione, in particolare alla possibilità, incredibilmente prevista dalla legge, che a pronunciarsi su una definitiva confisca sia lo stesso magistrato autore della decisione sull’originario sequestro.

A renderlo noto è una nota diffusa dall’osservatorio Misure di prevenzione dell’Unione Camere penali: nell’ordinanza di remissione ( dello scorso 10 settembre) piazza Cavour ha ritenuto dunque «rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 37 comma 1 cpp, in riferimento agli articoli 24, 111 e 117» della Carta. La questione, si legge nel comunicato Ucpi, «era stata sollevata dalla difesa del ricorrente, il quale, nel corso di un procedimento di ricusazione del Collegio del Tribunale chiamato a decidere sulla confisca di prevenzione, aveva lamentato che, nel processo di prevenzione per l’applicazione delle misure patrimoniali, non è prevista alcuna incompatibilità (con conseguente esclusione della ricusabilità) del giudice che abbia disposto, ai sensi dell’articolo 20 D. lgs. 159/ 2011, la restituzione degli atti al proponente, ad assumere successivamente, in seguito alla integrazione probatoria, la decisione sul sequestro» e neppure quella del «giudice che abbia deciso sul sequestro ai sensi dell’articolo 20 commi 1 e 2 D. lgs. 159/ 2011, a decidere sulla confisca».

La mancata previsione di tali profili di incompatibilità, secondo il ricorrente, sarebbe in contrasto con la Costituzione e con l’articolo 6 della Convenzione europea dei Diritti umani. Tesi che la Cassazione ha condiviso.