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©Lapresse 25-09-2007 Garlasco (Pavia), Italia Varie Caso dell'omicidio di Chiara Poggi. Alberto Stasi, il compagno della vittima, stato fermato per l'omicidio della fidanzata, avvenuto il 13 agosto 2007. Nella foto:Chiara Poggi
Ricominciare da capo a Garlasco con l’esumazione del corpo di Chiara? Non sono state sufficienti le raccomandazioni ufficiali, dai toni visibilmente seccati, del Procuratore capo di Pavia, Fabio Napoleone, su presunte indiscrezioni che poi si rivelano pure invenzioni. Perché la storia di Garlasco non finisce mai. Così si ipotizza che sarà esumato il corpo di Chiara Poggi. Quel corpo della vittima che non ha pace.
Come se non fosse bastato l’omicidio, e poi una prima riesumazione a causa di errori negli esami del corpo della vittima, e poi ancora, dopo la condanna definitiva, nel 2016, di Alberto Stasi, altre due inchieste archiviate da due differenti giudici, contro Andrea Sempio. E l’accanimento nei suoi confronti da parte di legali che si improvvisano pm.
Lo scorso 13 agosto, il triste anniversario di quello del 2007, è stato segnato da una scelta importante, anche se in parte poco comprensibile, da parte della procura di Pavia. Perché, dopo settimane e giorni in cui il circo mediatico-giudiziario aveva strombazzato la sicura presenza di “Ignoto 3”, cioè il complice di Sempio, sul luogo del delitto, sono stati gli stessi consulenti del dottor Napoleone, a smentire clamorosamente l’ipotesi. Si diceva, e si scriveva anche su quotidiani autorevoli come il Corriere della sera, che una certa traccia di dna presente sulla garza con cui in sede autoptica era stato effettuato un prelievo sulla saliva di Chiara, fosse del famoso “Ignoto 3”, il complice di Sempio nel delitto. Titolone del primo quotidiano italiano: “Ignoto 3, contaminazione esclusa”. Era il 20 luglio, e la gran cassa degli accusatori di Sempio suonava a tutto volume. Ben diverso il titolo del Corriere del 13 agosto: “Chiara e il Dna di Ignoto 3. I pm: ”È una contaminazione”. Forse a causa delle vacanze, la firma del giornalista non era più la stessa. Che cosa era successo? Che gli stessi genetisti nominati dalla procura di Pavia, Carlo Previderè e Pierangela Grignani avevano scoperto che il dna trovato sulla garza utilizzata nel corso dell’autopsia per prelevare materiale biologico all’interno della bocca di Chiara, era stato frutto di contaminazione con il cadavere di una precedente autopsia. Che era poi quello che avevano detto e ridetto altri esperti, quelli di nomina della famiglia Poggi.
Quello che stupisce però è che proprio quel giorno, la Procura di Pavia, mentre emetteva il suo terzo comunicato ufficiale dall’inizio delle indagini per stigmatizzare la diffusione di false notizie, annunciava anche il clamoroso ingresso nel team degli esperti dell’antropologa forense Cristina Cattaneo, la stessa resa famosa per le indagini sulla morte di Yara Gambirasio. Pare quasi che ci sia un certo scontento, anche da parte delle istituzioni, oltre che ovviamente nel mondo della difesa di Alberto Stasi, perché le indagini all’interno dell’incidente probatorio indetto dalla gip Daniela Garlaschelli non stanno andando nella direzione sperata.
È ovvio che i difensori dell’unico condannato stiano con gli occhi addosso a questa quarta indagine, dopo la prima che ha visto soccombere il loro assistito e le due archiviazioni nei confronti di Sempio, un po’ come fossero all’ultima spiaggia.
Del resto già la Corte d’appello di Brescia e per due volte la Corte Europea dei diritti dell’uomo hanno respinto ogni loro tentativo di revisione per motivi sostanziali o di tipo formalistico. E ogni rivelazione di “buco” nelle indagini su Stasi, e ce ne sono, è per loro un passettino in avanti per arrivare a una nuova celebrazione del processo principale. Così, se per ora pare archiviata l’ipotesi del terzo uomo, quella che pareva il pilastro dell’inchiesta che è fondata sul “concorso” di Sempio con altri, ora si punta sulle smagliature e sui pasticci commessi dai primissimi investigatori. Quelli che calpestavano il sangue della vittima senza calzari o che hanno lasciato che il gatto di casa continuasse a posarvi le zampine.
Ma Cristina Cattaneo, per quanto esperta e molto stimata, non potrà fare i miracoli. Né cambiare la realtà dei fatti. Perché è vero che fino a ora sia gli attivissimi comunicatori avvocati di Stasi con il loro contorno di cicisbei della carta stampata e di qualche talk, che gli stessi uomini della procura, hanno portato a casa solo buchi nell’acqua. Tanti pettegolezzi, come se Garlasco fosse diventata la città veneta di “Signore e signori”, il film di Pietro Germi del 1966, ma nulla di concreto. Non sull’arma del delitto, dopo la scenografica giornata in cui fu dragato un canale mentre in contemporanea si svolgevano perquisizioni di dieci ore contro Sempio e alcuni suoi amici.
Poi fallimento totale della vicenda dell’ “impronta 33”, che era poi solo una foto del palmo di una mano sul muro e su cui era stato già accertato che non conteneva tracce di sangue e che avrebbe potuto esser stata rilasciata in qualunque momento. Su quella vicenda la procura aveva emesso il proprio secondo comunicato, dopo quello in cui aveva annunciato l’apertura delle indagini, e aveva speso una parola di troppo. Era il giorno in cui erano stati programmati, in contemporanea se pure separatamente, gli interrogatori di Alberto Stasi, Andrea Sempio e Marco Poggi, il fratello minore di Chiara. Un’altra impostazione scenografica di grande effetto, come quella del dragaggio del canale e delle perquisizioni. Ma era accaduto l’imprevisto, perché il principale indagato si era sottratto, adducendo una svista “tecnica” degli uffici di procura. Che non lo richiameranno più, chissà perché.
Così era nato il comunicato, che attribuiva a Sempio la titolarità di quell’impronta. Ormai svanita, sia nella sua materialità che nella sua veste di prova. Evaporata anche la storiella del dna sulla maniglia della porta di ingresso di casa Poggi: neppure lì c’è sangue, quindi non può essere dell’assassino. Un vero boomerang poi la ricerca, sempre del terzo uomo, o forse dello stesso Sempio, negli avanzi di spazzatura, in cui si sono trovati sia reperti della cena che i due fidanzati avevano consumato insieme in casa di Chiara il 12 agosto, sia quelli della colazione del mattino del 13, precedente la morte della ragazza. Ci sono impronte solo di loro due. E forse Alberto potrebbe spiegare la presenza del proprio dna sulla cannuccia del Fruttolo, dal momento che durante la cena a base di pizza avrebbe bevuto solo birra, come lui stesso ha detto. Ma sono particolari.
Di certo su quegli avanzi della sera e soprattutto della mattina del delitto, non ci sono tracce di Andrea Sempio né di altri. Si arriva poi al crollo della presenza del terzo uomo con la scoperta della contaminazione tra autopsie di diverse persone. Ed eccoci quindi all’ennesimo tentativo, con la possibile riesumazione del corpo di Chiara e la ricerca della bacchetta magica di Cristina Cattaneo.