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Due emendamenti, fra gli oltre 500 al decreto “Asset” presentati nelle commissioni Ambiente e Industria del Senato, hanno scatenato in questi giorni accese polemiche fra le stesse forze politiche che appoggiano il governo di Giorgia Meloni. Nel mirino, ancora una volta, gli incarichi “fuori ruolo” delle toghe. «Al fine di consentire la continuità nella gestione delle attività amministrative connesse all’attuazione del Pnrr, fino al 31 agosto 2026, il termine di un anno della legge Cartabia è modificato in due anni in relazione agli incarichi assunti presso amministrazioni titolari di interventi previsti nel Pnrr», è il testo, identico, dei due emendamenti, uno firmato dal senatore di Forza Italia Adriano Paroli, l'altro dai senatori leghisti Tilde Minasi, Antonino Salvatore Germanà, Manfredi Potenti, Mara Bizzotto e Gianluca Cantalamessa. La notizia della presentazione dei due emendamenti è stata data da Repubblica, che ha anche stilato un elenco delle toghe che ne beneficerebbero.
La riforma Cartabia prevede che, trascorso un anno fuori ruolo con incarichi fiduciari da parte della politica, ad esempio capo di gabinetto, il magistrato ordinario debba trascorre un periodo di “decantazione” presso il ministero della Giustizia o presso l’Avvocatura dello Stato, quello amministrativo e contabile presso la Presidenza del Consiglio, prima di tornare nella giurisdizionale e poter fare domanda per un incarico direttivo. Dal momento che il primo anno del governo Meloni si sta concludendo, l’emendamento darebbe una sorta di “extrabonus” per le toghe che non vogliono proseguire nell’incarico fuori ruolo ma intendono tornare in servizio entro ottobre 2024. Gli emendamenti, così formulati, sembrano una “forzatura”, dal momento che il decreto “Asset” riguarda l'imposta sulla tassazione degli extraprofitti bancari, con soluzioni per contrastare il caro voli. Il decreto è nel calendario dei lavori dell’aula di Palazzo Madama dal 26 al 28 settembre. I tempi per la conversione sono stretti.
Le Commissioni ieri si sono riunite per iniziare l’iter di esame, a partire proprio dalle inammissibilità degli emendamenti. L’obiettivo è chiudere entro domani anche se non si esclude di proseguire la discussione martedì 26 mattina in quanto il provvedimento arriverà in Aula nel pomeriggio. Quasi sicuramente sarà richiesta la fiducia anche se molto dipenderà dal confronto con l’opposizione. Il decreto dovrà poi passare alla Camera per essere convertito in legge entro il 9 ottobre. «Non sono emendamenti centrali», ha affermato Paroli, sottolineando che in caso di loro inammissibilità nessuno farà le barricate. «Il ministero della Giustizia mi ha assicurato che darà parere contrario», ha fatto sapere Enrico Costa, deputato e responsabile giustizia di Azione. Per una volta, dunque, la mente ispiratrice non sarebbe a via Arenula. I sospetti, considerato che tranne Paroli i firmatari sono tutti leghisti, si concentrano sui dicasteri guidati dal Carroccio, ad iniziare proprio dal Mit di Matteo Salvini.