Chi gode di visibilità ha due strade: approfittarne in proprio o metterla a disposizione degli altri. Nicola Gratteri è indiscutibilmente il pm che più di tutti oggi buca lo schermo. Non esiste altro magistrato in Italia che possa contare su così frequenti apparizioni in tv e sui giornali. E Gratteri, rispetto all’alternativa di cui all’inizio, è incostante: a volte si serve delle interviste per affermare la propria “invadenza politica”, altre volte suggerisce soluzioni intelligenti a beneficio di tutti.

Nell’intervista rilasciata ieri a Repubblica, e in particolare a una firma tra le più autorevoli del giornalismo giudiziario qual è Dario Del Porto, il procuratore di Napoli ha rinnovato la propria consueta invettiva contro la riforma Cartabia- Nordio. In particolare si è scagliato sul tradizionale bersaglio ( tradizionale per le toghe) del “fascicolo di valutazione”.

In altro servizio di questa edizione del Dubbio, si segnala quanto l’allarmismo di Gratteri, arrivato a prefigurare una magistratura “burocratica, pavida e passacarte”, sia eccessivo. Innanzitutto perché quella temutissima, dai magistrati, banca dati sui flop processuali rischia di restare sulla carta. Però il nuovo capo dei pm napoletani ha anche detto cose di assoluto buonsenso sull’unico altro capitolo scottante della riforma del Csm (declinata pochi giorni fa nei due decreti attuativi di Nordio e disegnata in precedenza dalla legge delega di Cartabia, appunto). Quel nodo riguarda i fuori ruolo. I magistrati che “disertano” la trincea dei processi per arruolarsi nelle file del governo, o in generale della politica, in veste di tecnici.

Gratteri ha avuto l’onestà di dire che quei pm e giudici “distaccati” altrove vanno ridotti. Cosa che la riforma Cartabia-Nordio fa in modo risibile: appena 20 fuori ruolo in meno rispetto all’attuale limite di 200. Alla generica invocazione, il procuratore fa seguire una proposta che non pare insensata: se proprio c’è bisogno di magistrati nei ministeri o alla Scuola superiore, perché non reclutarli tra i colleghi andati in pensione, considerato anche che l’età del congedo è stata abbassata, non molto tempo fa, da 75 a 70 anni?

I maligni penseranno che Gratteri lo dica per prepararsi un futuro da tecnico. A noi piace pensare che applichi la propria vocazione “economicista” (a volte, anzi spesso da lui tradotta in abbattimento delle garanzie) con una proposta semplice quanto impopolare tra le toghe. A molti magistrati, il discorso avrà fatto storcere il naso. Spezzare la routine – ammesso di poterla considerare tale – dei processi con un incarico in qualche ufficio legislativo non è male. Almeno, non lo è per il singolo. È un problema serio, invece, per il sistema giustizia. E un Gratteri che, appena incassata l’ambita nomina a Napoli, non esita a dissociarsi dalla nomenclatura togata è una variabile tutt’altro che insignificante.