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È un tornante decisivo. «In passato la struttura della previdenza, per noi avvocati, ha conosciuto modifiche tali da essere particolarmente vantaggiosa per chi avesse una determinata anzianità contributiva e meno generosa per altri». È tra i concetti sui quali Valter Militi, presidente di Cassa forense, torna con maggiore insistenza. Lo fa in un pomeriggio, quello di ieri, in cui per la prima volta l’ente previdenziale dell’avvocatura illustra il passaggio dal “retributivo” al “contributivo” non solo con l’esposizione delle nuove regole, ma in un confronto pubblico.
La riforma pensionistica, vidimata dai ministeri vigilanti, sarà in vigore dal 1° gennaio 2025. L’evento di ieri a Roma, nell’auditorium della Cassa, è un crocevia di cambiamenti, definiti e futuribili. Si parla infatti non solo della riforma previdenziale, che Militi illustra nei suoi principi e che il direttore generale dell’Istituto, Antonello Crudo, ricostruisce in quasi tutte le sue più dettagliate innovazioni, con l’aiuto delle slide.
Si parla anche di “Modelli organizzati per l’avvocatura”, vale a dire dell’approfondito studio che Cassa forense ha realizzato insieme con la Fondazione Einaudi sulle società tra avvocati (Sta) nelle loro diverse forme e opportunità. È il secondo tempo della giornata: l’analisi è esposta dall’avvocato che della “Einaudi” è presidente, Giuseppe Benedetto, e dal collega Riccardo Fratini, che è anche ricercatore a Roma Tre. Fino alle conclusioni affidate a un altro avvocato, che è anche viceministro della Giustizia: Francesco Paolo Sisto. Capace di fulminare la platea con un intervento che riporta le riflessioni sul futuro dell’avvocatura a uno dato in apparenza acquisito: «Vanno benissimo i modelli organizzati», osserva il numero due di via Arenula, «ma io credo non vi sia nulla di male nel paradigma dello studio legale individuale, che rappresenta la peculiarità della nostra professione».
Sisto sembra guardare al domani del mondo forense con un angolatura nostalgica, ma in realtà in quella difesa della struttura di base della professione, vuol rivendicare in modo appassionato un diritto: «L’avvocato deve assolutamente riconquistare la presenza fisica nei tribunali, esclusa dalle norme introdotte con il covid e però sopravvissuta anche dopo la pandemia. Attenzione, perché oggi gli uffici giudiziari sono talmente vuoti che si ragiona di un loro ridimensionamento...».
Applausi e paura, tra gli avvocati che ascoltano nell’auditorium di Cassa forense: delegati dell’Ente ma anche rappresentanti di istituzioni e associazioni. Dalla vicepresidente del Cnf Patrizia Corona, intervenuta anche per il vertice di via del Governo vecchio Francesco Greco, impegnato all’estero, al coordinatore di Ocf Mario Scialla, dal segretario dell’Anf Giampaolo Di Marco ai rappresentanti del Coa di Roma. Sisto spaventa e insieme rincuora: di certo risveglia una questione non più ascrivibile alla “parentesi” del Pnrr.
In ogni caso il passaggio dal contributivo al retributivo, che la riforma di Cassa forense sancisce, ha tanti risvolti: «Siamo partiti da un contesto diverso rispetto al quadro nel quale si era inserita la precedente riforma», spiega Militi, «diverso innanzitutto sul piano demografico». Alcune novità sono confortanti, per il singolo professionista, a cominciare dal «calcolo, ai fini del montante, anche delle somme versate a titolo di contributo minimo obbligatorio». Altre sono in apparenza più onerose, come il progressivo innalzamento dell’aliquota per il contributo soggettivo dal 15 al 18%, nell’arco che andrà dal 2025 al 2027.
La vicepresidente del Cnf Corona non può fare a meno di «esprimere un ringraziamento: nei confronti del presidente Militi e del Comitato dei delegati che si è fatto carico ancora una volta di garantire la stabilità del sistema». Segue una testimonianza personale: «Parlo da neopensionata, e devo dire che all’inizio del mio percorso professionale il dominus dello studio mi gelò con le seguenti parole: “Non raggiungerai mai la pensione: quando sarà il tuo turno, Cassa forense non sarà in grado di pagartela”. Ebbene», dice la vicepresidente del Consiglio nazionale, «è stato smentito alla grande».
Poi l’altro passaggio che sollecita l’applauso dell’auditorium: «Nei lavori per la nuova legge professionale, in corso al Cnf con le altre rappresentanze dell’avvocatura, il tavolo 5 ha approvato l’emendamento in base al quale la fedeltà contributiva, che è un valore, sarà requisito indispensabile per poter accedere a tutti gli incarichi istituzionali che gli avvocati possono ricoprire». Il coordinatore di Ocf Mario Scialla non manca di ricordare che «nel 2022 noi diffondemmo un comunicato molto duro contro l’idea della riforma, ma oggi, a fronte del rischio che di qui a qualche anno il sistema sarebbe potuto andare in fibrillazione, una persona sana di mente deve per forza condividere il passaggio al contributivo».
Al direttore generale di Cassa forense Antonello Crudo, come detto, è affidata la descrizione minuziosa delle nuove regole attraverso numerose slides (che è possibile visionare per intero qui) e un’esposizione che può essere riascoltata sul canale YouTube dell’Ente @Cassaforensewebtv. Alcuni principi comunque sono chiari: «Prima di tutto la trasparenza», nota Militi, «nel senso che l’avvocato saprà senza incertezze che a seconda della propria contribuzione e della propria volontà di risparmio potrà contare su una pensione diversa». Vale anche per l’intervento sui contributi minimi, «contenuti in modo da tenere conto delle difficoltà che incontrano i colleghi più giovani».
E qui sin inserisce l’altro sforzo di Cassa forense, lo studio realizzato con la Fondazione Einaudi sui nuovi “Modelli” e in particolare sulle “Sta”: «Il loro successo dipenderà dalla capacità di bilanciare efficacemente esigenze organizzative, principi deontologici e specificità settoriali», dice il presidente Benedetto. E sì: razionalizzazione senza perdere di vista la libertà e l’indipendenza dell’avvocato. Esattamente come l’equilibrio fra efficienza e diritto all’oralità rivendicato da Sisto. Il futuro della professione forense dipende anche dalla capacità dell’intero sistema giustizia nel garantire simili equilibri. E battersi per ritrovare quegli equilibri è una sfida persino più difficile, forse, della tenuta previdenziale.