MASSIMO CACCIARI

Per uscire dalla crisi serve una visione. Bisogna andare oltre ciò a cui siamo abituati, in Italia e in Europa, e smetterla di ragionare con la logica degli interessi nazionali

UNO. Col passare dei giorni, non delle settimane o dei mesi, diventa sempre più chiaro qual è il problema fondamentale che agita l’Italia creando panico nel suo ceto politico e un’inquietudine sempre più intensa tra l’intera popolazione. E insieme si capisce meglio perché Draghi ( suo malgrado?) continua a restare inchiodato al centro dell’attenzione e dell’iniziativa. Il presidente del Consiglio, fatto saltare dalle debolezze e dalle furbizie dei partiti, viene percepito, da un lato, come ancora di salvezza per il paese, dall’altro, come pericolo per la sopravvivenza di un ceto politico frantumato e sempre più privo di legittimazione e prestigio ( vedi alla voce: crescente astensionismo elettorale).

La crisi, che sta già mordendo, non è più lo spauracchio di un futuro probabile e possibile. Sta già operando. Sta già gonfiandosi, provocando preoccupazioni e panico. Il numero delle fabbriche e delle aziende che non hanno riaperto dopo la pausa estiva inizia a essere sotto gli occhi di tutti. L’aumento del costo della vita per le famiglie italiane più deboli non è più una minaccia ma inizia a correre. E ogni giorno che passa cresce di un bel po’ il rischio che alla fine nessuno, tra i cosiddetti leader della politica italiana, sia in grado di controllare una situazione tanto esplosiva offrendo le risposte necessarie. Nessun mistero e nessuna congiura contro di noi. La spiegazione di quanto accade è perfino facile. L’Italia, i leader dei partiti e i gruppi economici e industriali italiani di maggior forza, non sono in grado di rispondere alla crisi che s’addensa ogni giorno un po’ di più. Il perché è semplice: non si tratta ( solo) d’incapacità. È che non esistono risposte interne e nazionali all’attuale crisi. La crisi che rischia di divorarci, infatti, può essere affrontata solo con una risposta europea. Per difenderci non serve più Italia, più patriottismo, più unità ( magari un ceto politico di qualità migliore). Servono più Europa e più europeismo. Non è più sufficiente lanciare i messaggi giusti agli italiani, bisogna connettersi alle altre nazioni europee e concordare strategie da dispiegare tutti insieme. L’Italia da sola non è in grado di superare la crisi. Le nazioni europee, ognuna per proprio conto, si trovano nella stessa situazione. Serve una visione. Bisogna andare oltre ciò a cui siamo abituati, in Italia e in Europa. Dobbiamo individuare l’interesse europeo e su quello spingere a più non posso stroncando le furbizie di chiunque.

L’esempio della partita giocata sull’approvigionamento e il costo del gas, con la strategia costruita e dispiegata da Draghi, tra mille perplessità di tutti gli altri in Italia e nel resto d’Europa, fa capire come stanno le cose. Nessuno Stato europeo è in grado ( sarebbe in grado) di sottrarsi ai ricatti di Putin sul gas, a partire dalla Germania che tra gli Stati dell’Ue è il più robusto. Ma se l’Europa procede con un accordo e una sola voce e tratta come fosse un unico Stato non solo si bloccherà il ricatto di Putin ma il dittatore russo dovrà rifarsi tutti i conti.

Certo, ci vuole autorevolezza e credibilità per avviare una partita del genere. Draghi ha i rapporti, le conoscenze e l’esperienza necessari per giocarla. La decisione del prossimo vertice dell’intera Europa per fissare un tetto al prezzo del gas lo dimostra.

DUE. Mentre è ancora in pieno svolgimento la decisiva partita sul costo del gas ( la riunione dei paesi europei sull’argomento è prevista nella prima decade di settembre) si moltiplicano le fibrillazioni e le tensioni tra i partiti italiani in piena campagna elettorale.

Salvini chiede lo scostamento di bilancio e soldi per piccoli e medi industriali del Nord verso cui la Lega, al di là delle dichiarazioni di facciata, sembra nuovamente aggrapparsi quasi in modo esclusivo ( vedi le spinte sull’autonomia differenziata). Ma lo scostamento di bilancio vuol dire fare altro debito. Ipotesi a cui Draghi è decisamente contrario. Berlusconi, sempre più fragile nei sondaggi, a tratti sembra accodarsi a Salvini, capovolgendo gli antichi rapporti di forza con la Lega di un tempo. La Meloni e Tremonti si oppongono a far nuovo debito. Forse convinti che toccherà a FdI, partito più forte del centrodestra, sciogliere i nodi dopo le elezioni. C’è un accordo tra i partiti del centrodestra per assegnare la presidenza del Consiglio a chi prenderà più voti. Non è detto che tenga. Molto dipenderà dai reali rapporti di forza in Parlamento e, soprattutto, nel Senato. I tre blocchi fondamentali del centrosinistra ( Pd, Calenda- Renzi, Conte) sono tra loro separati. Ancor più in là Fratoianni e compagni che pure ha un accordo elettorale col Pd. I due blocchi dal punto di vista del consenso sembrano equivalersi. Ma il centrosinistra è molto più frantumato mentre il centrodestra sembra per ora contenere le divergenze.

Il rischio è giudicare il nostro paese e il suo futuro sulla base dello scenario rapidamente riassunto. Non è detto che questo scenario non venga invece travolto dalla spinta europeista che sembra diventare sempre più necessaria per contenere e risolvere la crisi che s’è aperta a partire dalle bombe di Putin contro l’Ucraina.