I modelli organizzativi delle Procure tornano nuovamente all’attenzione del Csm. Su proposta unanime della Settima commissione di Palazzo dei Marescialli, competente per l’organizzazione giudiziaria, il plenum ha deciso ieri di avviare i lavori per rivedere, anche alla luce delle recenti modifiche introdotte dalla riforma Cartabia, la circolare sull’organizzazione degli uffici inquirenti.

Il Consiglio superiore ha già analizzato 78 progetti organizzativi verificando come alcune delle disposizioni della circolare, entrata in vigore nel novembre del 2017, abbiano «ricevuto attuazione disomogenea sul territorio nazionale», e come le stesse «vadano ora necessariamente raccordate alla nuova disciplina legislativa». I punti più critici sono ormai noti: i criteri di autoassegnazione dei fascicoli da parte del procuratore, la disciplina dei “visti”, la risoluzione dei contrasti fra i sostituti e il procuratore, la revoca dei fascicoli da parte di quest’ultimo.

I problemi nascono con la riforma dell’ordinamento giudiziario del 2006, che ha attribuito ai procuratori un potere di organizzazione dell’ufficio di fatto privo di controllo. L’immediata conseguenza è stata la “gerarchizzazione” dell’ufficio: un controsenso dal momento che i magistrati, e quindi anche i pm, secondo la Costituzione dovrebbero distinguersi fra loro soltanto per funzioni.

La nuova circolare dovrebbe dunque prevedere criteri più stringenti in modo da evitare che il procuratore tenga per se stesso i fascicoli di proprio gradimento, e migliorare così gli attuali meccanismi automatici di assegnazione. E lo stesso dicasi per il “visto”, obbligatorio per le misure cautelari. Sulla carta tale passaggio dovrebbe assolvere a una “specifica funzione conoscitiva e di informazione, non già di approvazione del contenuto dell’atto”. Tema incandescente, infine, i contrasti sulla conduzione delle indagini e le motivazioni per giustificare l’esonero del sostituto originariamente assegnatario del fascicolo. «Il percorso di riscrittura prevede l’audizione di tutte le categorie di magistrati coinvolte dalle nuove previsioni normative e regolamentari», fanno sapere dal Csm. Gli spazi di manovra, però, sono stretti: con l’attuale impianto normativo, infatti, il Csm non ha grandi possibilità di intervento.

Il dibattito, comunque, si è svolto ieri alla presenza di un convitato di pietra: la separazione delle carriere. Argomento tabù per i magistrati ma che è da tempo nella realtà dei fatti. Difficile parlare di comune “cultura della giurisdizione” quando un procuratore può revocare fascicoli a proprio piacimento, mandare avanti un’indagine anziché un’altra, decidere chi indagare e chi no. Sul punto, come riportato nei giorni scorsi sul Dubbio, si era espresso il giudice di Ragusa Andrea Reale, componente del direttivo Anm: «Non ha senso neanche avere una magistratura giudicante imparziale e (apparentemente) terza quando i processi penali hanno ad oggetto soltanto le notizie di reato (e le attività di indagine) scelte e indirizzate univocamente da un capo a suo piacere».

Le nomine

Sempre ieri si è poi votato in commissione per i nuovi vertici della Procura di Firenze e della Procura generale di Bologna. Nessuna proposta unanime: si è assistito alla consueta spaccatura sui capi degli uffici requirenti. Nel caso di Firenze, Filippo Spiezia, rappresentante italiano a Eurojust, ha ottenuto 3 voti, Ettore Squillace Greco, procuratore di Livorno, 2 voti, mentre un voto è andato a Rosa Volpe, procuratrice facente funzioni a Napoli. Per Bologna, il procuratore di Aosta Paolo Fortuna ha ottenuto 4 voti, un voto ciascuno a Spiezia e Lucia Musti, sostituto pg e reggente dell’ufficio requirente di secondo grado del capoluogo emiliano.