IL M5S VA A SINISTRA

L’ex premier punta a coprire uno spazio vuoto: «Se un elettore di sinistra vuole realizzare gli obiettivi di una forza progressista credo che sia costretto a votare il M5S»

Adefinirsi di sinistra ancora non ci riesce proprio. Eppure da mesi Giuseppe Conte ha spostato pesantemente l’asse del “suo” Movimento 5 Stelle sul lato mancino per lanciarsi in una concorrenza spietata al Partito democratico. E più i dem sventolano l’agenda Draghi come programma elettorale, più il leader grillino si appropria di quei temi lasciati in stato d’abbandono dall’ex alleato: salario minimo, riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio, ecologismo radicale. Senza contare Reddito di cittadinanza e decreto dignità, le due “conquiste sociali” dei governi Conte da stampare sul biglietto da visita di ogni singolo aspirante parlamentare.

E forte dei sondaggi che al momento sembrano premiare questa strategia ( il M5S è quotato in ascesa da tutti gli istituti di rilevamento) l’ex premier prova a battere su quel ferro caldissimo: «Se un elettore di sinistra vuole realizzare gli obiettivi di una forza progressista credo che sia costretto a votare il Movimento 5 Stelle rispetto all’offerta corrente», dice il capo dei 5S a Radio Popolare. «Siamo la forza più progressista, è evidente». Che poi rincara: «Sono ormai costretto a rinunciare a comprendere il comportamento del vertice del Pd. Letta non l’ho capito più da quando abbiamo presentato la nostra agenda sociale a Draghi: al posto di fedeltà agli italiani ha parlato di fedeltà a Draghi». Come dire: al Nazareno hanno perso di vista l’agenda sociale, saremo noi a farcene carico. Lotta al precariato, riattivazione del decreto dignità ( sospeso negli anni del Covid), parità salariale tra uomo e donna. Sono queste le altre direttrici lungo cui si dipana il ragionamento di Conte che, con fare “rifondarolo”, prova a cambiare definitivamente i connotati alla creatura qualunquista che aveva preso in mano.

Una «fase evolutiva», la definisce l’ex premier. Difficile dire se quello dell’avvocato sia un semplice riposizionamento tattico o una mutazione genetica del partito di Grillo, di certo in casa dem se ne sono accorti e provano a correre ai ripari.

Così, per la fase due della campagna elettorale, Enrico Letta punta a convincere gli indecisi attraverso una comunicazione netta. È già pronta la cartellonistica che a breve spunterà nelle città italiane, manifesti bicolore, rosso e nero, con la faccia del segretario a riempire la metà rossa e l’altra parte con le parole d’ordine della destra. In basso, lo slogan secco: «Scegli». Un appello al voto utile, certo, ma anche un ammiccamento, anche cromatico, agli elettori di sinistra preoccupati dall’eventuale avvento al governo della coalizione a trazione meloniana. Non è detto che basterà a convincere i delusi, forse anche per questo Letta contemporaneamente prova a cambiare registro nei confronti dell’ex alleato ora competitor di sinistra: meno demonizzazione e più dialogo. «Non ho difficoltà a dire che da parte nostra è molto più facile dialogare con Conte e Calenda rispetto al dialogo con Salvini e Meloni, vediamo quale sarà il risultato e poi dialogheremo con chi sarà più facile dialogare», dice il segretario dem, facendo un enorme passo in avanti rispetto solo a pochi giorni fa.

Ma se Letta apre timidamente a Conte per evitare una campagna elettorale di contrapposizione, Matteo Orfini non sembra dello stesso avviso. E dopo aver letto le dichiarazioni del leader 5S sulle agenzie, si affretta a twittare: «Se un elettore è di sinistra deve votare il M5S, dice Conte. Favorisco foto che illustra il concetto», scrive il deputato dem, allegando una foto dell’ex premier in conferenza stampa con Matteo Salvini a palazzo Chigi dopo aver approvato i decreti sicurezza.

Ilnuovo posizionamento del leader pentastellato non va giù nemmeno a Matteo Renzi, che pur parlando a un elettorato centrista, non sopporta l’idea di regalare voti ai grillini. «Conte ha detto che chi è di sinistra deve votare per lui», scrive il capo di Iv sulla sua enews. «Lo ha detto Giuseppe Conte, vale a dire l’amico di Trump, l’uomo che ha firmato i decreti Salvini sull’immigrazione, l’uomo che si definiva sovranista all’Onu e populista davanti alla Lega».

Ma la nuova collocazione dell’avvocato di Volturara Appula non infastidisce solo dem e renziani, manda su tutte le furie anche Luigi de Magistris, leader del cartello Unione popolare ( Rifondazione comunista, Potere al popolo e DeMa) che avrebbe voluto avere il monopolio del radicalismo in questa tornata elettorale. «Caro Conte, tu hai governato con Salvini e hai lasciato in mezzo al mar Mediterraneo al gelo sorelle e fratelli africani e hai ordinato di chiudere i porti italiani», è l’incipit con cui de Magistris stila un lungo elenco delle giravolte pentastellate negli utlimi anni. «Chi è di sinistra, pacifista, ambientalista e vuole l’attuazione della Costituzione nata dalla resistenza al nazifascismo oggi sa chi votare: Unione Popolare», conclude l’ex magistrato.

Ma per ora i sondaggi continuano a premiare il Movimento.