«Può lasciare giù il microfono, per favore, che non siamo a Sanremo? Lo può appoggiare, che tanto la sente ugualmente»: così si rivolgeva un giudice ad un avvocato. Semplice ironia o mancanza di rispetto per la toga? Siamo nel 2021 al Tribunale di Bergamo: il legale Alessandro Brustia stava difendendo un uomo accusato del reato di adescamento di minori. Siamo nella fase di controinterrogatorio della parte civile, un momento delicato del processo.

Inizialmente, come da non commendevole prassi nelle aule dei palazzi di giustizia, il giudice interrompe più volte il controesame, criticando le domande del legale. L’avvocato comunque pazientemente prosegue e continua a rivolgersi al testimone stando in piedi. Teneva il microfono per la base perché, come ci spiega lo stesso Brustia, «avrei avuto difficoltà visto la minima lunghezza dell’asta del microfono stesso». Ad un certo punto il giudice si rivolge a lui con quella frase: «Può lasciare giù il microfono, per favore, che non siamo a Sanremo? Lo può appoggiare, che tanto la sente ugualmente».

«Non volevo fare...» accenna a dire il difensore. E subito la giudice: «No, ma lo dico per dire che siccome sono molto delicati, il fatto che li (lo, ndr) abbia in mano mi mente in ansia». Non abbiamo ascoltato il tono con cui il magistrato si è rivolto all’avvocato ma perché quella battuta e lo stato di ansia per un microfono tenuto in mano forse in modo maldestro ma non per responsabilità dell’avvocato?

Quest’ultimo comunque non ci sta e qualche settimana dopo invia una segnalazione al Presidente del Tribunale di Bergamo, nel giugno dello stesso anno, sottolineando, tra l’altro: «Mi pare ovvio che a parti invertite in questo momento sarei giustamente sottoposto a procedimento penale per oltraggio a magistrato in udienza ex art. 343 cp». Non ebbe risposta né il sollecito ebbe migliore fortuna. Così decide di inviare a maggio 2022 un esposto al Consiglio giudiziario della Corte di appello competente e al Consiglio superiore della Magistratura sottolineando come, a suo parere, si fosse in presenza di «un comportamento gratuitamente denigratorio nei confronti del difensore e gravemente lesivo della sua dignità».

«L'unica risposta – ci dice l’avvocato Brustia, attualmente presidente della Camera penale di Novara - fu quella del settembre 2023, farisaica» da parte di Piazza Indipendenza. «Mi fu risposto che il tutto era di competenza della Procura Generale presso la Cassazione. Da allora non ne ho saputo più nulla». Vi si legge in particolare che «l’Assemblea plenaria, su proposta della prima Commissione, ha esaminato con attenzione il suo esposto rilevando che non ci sono provvedimenti del Consiglio da adottare ed avendo la Commissione trasmesso gli atti al vice presidente per l’inoltro ai titolari dell’azione disciplinare».

«Non mi importa tanto per me stesso – prosegue Brustia - , perché i penalisti hanno le spalle larghe e sanno passare attraverso tempeste ben peggiori di questa. Mi interessa sottolineare come (non) funzioni la giustizia disciplinare dei magistrati e soprattutto dire che non dobbiamo accettare supinamente e senza reagire attacchi che, senza fare di tutta l'erba un fascio, sono abbastanza all'ordine del giorno nei nostri tribunali e che ledono la dignità della nostra toga».