Giallo per la frase del premier sugli amici di Mosca contrari alle sanzioni. E a Salvini fischiano le orecchie

È un Mario Draghi a tutto campo quello che ha risposto alle domande nei giornalisti nella conferenza stampa d’addio a palazzo Chigi. Ed è giallo sulla frase che il premier ha dedicato alla guerra in Ucraina: «C’è quello che ama i russi alla follia e vuol togliere le sanzioni alla Russia e parla tutti i giorni di nascosto con i russi», ha dichiarato il premier uscente riferito ( forse) al leader leghista Matteo Salvini.

Il premier ha chiarito di essere indisponibile a presiedere un secondo governo

Potranno esserci altre conferenze stampa. Anzi, se il piano in realtà azzardato di Draghi per salvare in corner la delega fiscale funzionerà, ce ne saranno di certo. Si tratta infatti di provare a calendarizzare al Senato la delega all'ultimo secondo e, ove la Lega si opponesse, di sottoporre la calendarizzazione al voto dell'aula un secondo prima dell'apertura delle urne se non addirittura a urne già chiuse. Ma la lunga conferenza stampa di ieri, al termine del cdm che ha varato un dl aiuti per ulteriori 14 mld, resterà comunque l'addio di Mario Draghi in veste di capo del governo. Parola sua, e senza perifrasi: «Sarebbe disponibile a presiedere un secondo governo?». «No».

Una replica così secca e definitiva guasta alcuni progetti, che per la verità erano però comunque estremamente fantasiosi e velleitari: tutti quelli che puntavano sull'incapacità della destra di mantenersi coesa come maggioranza di governo per giocare la carta di un ritorno o di una permanenza del premier a palazzo Chigi. Certo, sulla carta l'ex presidente della Bce non è il solo tecnico che potrebbe essere chiamato alla guida di un esecutivo. Ma è evidente che era il suo il solo nome spendibile per tentare di nuovo la carta di un governo non politico. L'ipotesi, già molto remota e tuttavia presente negli scenari ipotetici dei leader di partito, è dunque defunta ieri.

Draghi ha essenzialmente promosso a pieni voti se stesso, i suoi ministri e soprattutto il suo metodo pragmatico. È apparso francamente irritato quando gli hanno fatto presenti le difficoltà che potrebbe implicare l'avvento di un nuovo governo o che quel governo potrebbe dover affrontare. Ha detto e ripetuto che le cose vanno bene, il Pnrr funziona, la crescita è stata eccezionale l'anno scorso ma resiste, pur se ovviamente rallentata anche quest'anno. Certo «se tutto il mondo va in recessione ci va anche l'Italia ma l'importante è avere comunque risultati migliori degli altri». Anche le chiacchiere sulla revisione del Pnrr sono questioni di lana caprina. Intanto c'è ben poco da rivedere perché il più è fatto e se qualche intervento sarà necessario ci si affiderà al solito pragmatismo senza farne inutili tragedie.

Draghi ha minimizzato ogni problema: il voto contrario della Lega sulla mappatura delle concessioni balneari nel cdm appena concluso, le ombre evocate dal voto orbaniano di FdI e Lega nel Parlamento europeo e anche dal non cancellato feeling tra Lega e Russia. Se ha picchiato sulla Lega lo ha fatto solo per quel “tradimento” della parola data sul varo della delega fiscale in cambio dell'impegno a soprassedere sui decreti attuativi al quale spera di rimediare col blitz in extremis al Senato. Se ha vibrato colpi in altre direzioni è stato quando se l'è presa con chi non voleva inviare armi all'Ucraina e magari ora si inorgoglisce della controffesiva: «E come dovevano difendersi? mani nude?». A Al suo fianco il ministro dell'Energia Cingolani condivide l'ottimismo di fondo. Il rigassificatore di Piombino si farà perché non può che farsi. Il tetto europeo sul prezzo del gas ( non solo russo) arriverà, secondo le rosee aspettative il 30 settembre. Sul disaccoppiamento del prezzo dell'energia da quella del gas l'Italia è già partita, portandolo a 210 euro, e la Ue mira ad abbassare a 180 euro. Franco, titolare dell'Economia molto osannato dal capo, non stecca e intona lo stesso motivo: il dl Aiuti è corposo ( anche se una voce latitante c'è e non secondaria: la cassa integrazione), i fondi per un nuovo intervento a dicembre sono di fatto garantiti. Certo, prezzi simili non sono sostenibili per tutto l'anno prossimo. Però “a un certo punto dell'anno il prezzo del gas scenderà”.

Insomma un governo «nato per fare e non per stare», come lo definisce Draghi, ha fatto il suo e ha posto le basi perché gli eredi si muovano in continuità e con risultati positivi. Eppure proprio qui si avverte la nota dissonante che rende meno facile condividere la prospettiva fiduciosa che segnala il premier uscente. A cantare le lodi del governo, ieri, c'erano quattro tecnici, i tre ministri più il sottosegretario Garofoli. Il metodo magico che ha permesso di ottenere risultati dei quali Draghi è evidentemente molto orgoglioso è un metodo che prescinde dalla politica, cioè dall'obbligo di fare scelte non dettate solo dal pragmatismo. Quello di Draghi, nonostante la presenza poco rilevante di ministri politici, è stato la quintessenza di un simile governo. Il prossimo sarà il contrario. Come è giusto che sia in una democrazia, sarà un governo politico e ciò basterà a cambiare, se non proprio tutto, molto.