LA CONVERSIONE

Qualche anno fa Sergio Staino firmò una vignetta in cui il protagonista Bobo diceva alla figlia Ilaria: «Adesso che sei politicamente matura posso anche dirtelo: Babbo Natale non esiste e un giudice può essere anche stronzo». Era l’epoca del tramonto del berlusconismo, la fine di un ventennio di mitizzazione delle toghe. E Bobo, parlando alla figlia, si rivolgeva in realtà a buona parte della sinistra rimasta impigliata in quel fraintendimento per troppo tempo. Il primato della politica tornava finalmente a fare capolino nel dibattito pubblico.

E chissà che lo stesso processo di maturazione non sia capitato a Nicola Morra. Perché dopo quattro anni di “studio” alla guida della commissione parlamentare Antimafia il senatore sembra irriconoscibile, lontano anni luce dalla facile propaganda manettara con cui il suo ex partito, il Movimento 5 Stelle, fece il pieno di consensi nel 2018. A volte serve solo del tempo per capire qualcosa di più complesso di uno slogan. E - soprattutto se sei costretto a confrontarti con una materia su cui fino al giorno prima hai pontificato a sproposito - alla fine i risultati arrivano. Così, l’uomo che fino a poco fa vedeva trame mafiose dappertutto, invocava il carcere sempre più duro e denunciava infiltrazioni a ogni livello adesso riesce a vedere anche le distorsioni dell’antimafia che non sempre funziona come dovrebbe. Fino ad ammettere il «flop» delle gestioni commissariali dei Comuni sciolti per mafia: «Purtroppo è quanto emerge dai dati sulla mancata trasparenza nonostante il commissariamento degli enti sciolti ed analizzati in questa relazione». Non solo: «Nel corso delle gestioni commissariali, frequentemente, il ciclo di programmazione dei bilanci non viene rispettato ed il piano dei conti integrato non viene prodotto o pubblicato, impedendo di fatto di effettuare i controlli da parte dei Revisori dei conti e della Corte di Conti».

Ma il ragionamento sulle amministrazioni sciolte non è l’unico segnale di ravvedimento. Neanche una settimana fa Morra, infatti, si è scagliato contro il «narcisismo giudiziariò in base al quale il pm o il presidente di Tribunale che si innamora della propria tesi è disposto a tutto, anche contro ogni evidenza cartesiana, pur di fare prevalere la propria ragione. Ma non esiste la ragione del magistrato, esiste soltanto la verità». Bobo sarebbe soddisfatto.