Ordinanze sulla detenzione domestica consentite fino al 31 gennaio, ma salta la possibilità di fare a meno dei dispositivi per le pene fino a 12 mesi

Cambia qualcosa. Non tutto quanto sarebbe stato auspicabile. In ogni caso i giochi sul Dl Ristori bis, in materia di giustizia e carcere, sembrano fatti. Si consumerà oggi e domani al Senato la maratona in commissione ( nella “congiunta” Bilancio e Finanze, per l’esattezza) sugli emendamenti relativi al decreto più “in avanzamento”, tra i vari emanati dal governo. Ci sono notizie interessanti sul processo da remoto che — secondo le modifiche destinate a ottenere l’ok dell’esecutivo — viene esplicitamente escluso in campo penale per la discussione in appello e per l’incidente probatorio. Meno rassicuranti sono le scelte definite dalla maggioranza sulle carceri: c’è, sì, la proroga al 31 gennaio delle misure già in vigore per i domiciliari e i permessi, però manca l’atto di coraggio contro il sovraffollamento atteso non solo da Rita Bernardini, in sciopero della fame, ma anche dagli opinion leader che, guidati da Roberto Saviano, avevano parzialmente aderito alla mobilitazione del Partito radicale: non ci sarà dunque una modifica effettiva delle condizioni per ottenere la detenzione a casa. Neppure l’innalzamento da 6 a 12 mesi del limite di pena anche residua, per il quale è possibile concedere i domiciliari senza l’applicazione del braccialetto. Si trattava di una precisa richiesta del Pd, preoccupato dalle difficoltà nel reperire i dispositivi. Si voleva porre rimedio a un paradosso fra norme e realtà che il Dubbio segnala da settimane. Ma il punto di caduta trovato nella maggioranza è il seguente: per adesso si procede solo con alcuni chiarimenti in materia di permessi e liberazione anticipata, misure che — come specificato da un ulteriore emendamento — potranno essere concesse o per lavoro o per studio; ma riguardo ai domiciliari si è deciso di rivalutare il tutto nelle prossime settimane, alla luce dell’effettiva disponibilità dei dispositivi elettronici.

Ecco perché l’avvocatura, e la società civile finalmente sensibile alle garanzie, non potranno che leggere in chiaroscuro le modifiche in arrivo fra oggi e domani per il Ristori bis. L’esame nelle commissioni congiunte di Palazzo Madama prevede priorità assoluta, com’è ovvio, per gli emendamenti relativi agli aiuti economici, core business del decreto. Poi si arriverà agli articoli che vanno dal 23 al 30, in cui ci si occupa di processi e carcere. Materia sulla quale sarà il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis a comunicare il parere definito dal governo. Sull’articolo 23, in materia di processo penale, viene chiarito appunto che non può mai esserci udienza da remoto per l’incidente probatorio e la discussione in appello. Aspetto che secondo l’esecutivo sarebbe in realtà deducibile già dalla formulazione originaria del quinto comma. Il ricorso alla videoconferenza resterà escluso nei casi in cui si deve esaminare una parte, un testimone, un perito, insomma nella formazione della prova. Così come resta rimessa alla volontà delle parti la modalità da remoto nelle udienze preliminari e dibattimentali.

Gli emendamenti sul carcere destinati a ottenere il via libera ( del governo e dunque della maggioranza) sono a prima firma del capogruppo dem in commissione Giustizia Franco Mirabelli. Quello sulla proroga consentirà ai giudici di sorveglianza di far partire domiciliari e permessi fino al 31 gennaio ( in altre parole, dopo quella data le misure non saranno più concesse ma quelle decise, ovviamente, non saranno revocate). Viene inoltre chiarito che ai permessi premio e alla liberazione anticipata si può accedere, come detto, sia per lavoro che per studio. Ma per ora resta in freezer la possibilità di affrancare i domiciliari dall’araba fenice dei braccialetti elettronici.