Chi non era tra le strade di Padova è rimasto incollato alla tv, davanti alle immagini della folla riunita intorno alla basilica di Santa Giustina per i funerali di Giulia Cecchettin: un fiume di persone, almeno 8mila, strette ad ogni lato della chiesa per l’ultimo saluto alla studentessa di 22 anni vittima di femminicidio.

I volti impietriti dal dolore e dal freddo, in tanti indossano un fiocco rosso contro la violenza sulle donne, lo stesso che spicca sulle giacche nere di papà Gino e dei suoi figli Elena e Davide. È un rito collettivo, un momento di tristezza e «impegno» scandito dalle parole del vescovo di Padova Claudio Cipolla, che nella sua omelia si è rivolto soprattutto ai giovani, ai ragazzi che «nella libertà» possono amare «meglio e di più». «L’addio a Giulia sia un corale abbracciarsi e stringersi a lei, alla sua famiglia e a tutti i suoi ideali», ha sottolineato monsignor Cipolla, che ha chiesto «la pace del cuore» anche per Filippo Turetta, accusato dell’omicidio dell’ex fidanzata, e per la sua famiglia. La rabbia ora deve far spazio al «desiderio» di costruire una società migliore, è il messaggio del vescovo. Lo stesso di Gino Cecchettin, per il quale bisogna «trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento». «La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte può, anzi deve essere, il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne», ha esortato il papà nel suo discorso. Un’ultima lettera a sua figlia, parole strazianti che arrivano al cuore di tutti, anche delle istituzioni. Le quali hanno fatto ingresso nella basilica con il guardasigilli Carlo Nordio e il governatore del Veneto Luca Zaia, che si sono stretti in un abbraccio con la famiglia. Ad attenderli fuori, all’uscita del feretro, una folla pronta a salutare Giulia per l’ultima volta con tanto “rumore”, un tintinnio di chiavi per rompere il silenzio contro la violenza.

Qualcuno ha invocato giustizia, e la giustizia fa il suo corso, mentre sul caso piomba l’affaire del procuratore di Venezia Bruno Cherchi. Il titolare dell’inchiesta che, dopo aver esortato l’opinione pubblica a rispettare il silenzio sulle indagini senza frettolose condanne mediatiche, è finito sotto procedimento al Csm per i rapporti con Massimo Montisci, già direttore dell’Istituto di Medicina legale di Padova. Sul tavolo del plenum domani finiranno due richieste opposte: una che chiede l’archiviazione del caso, l’altra per il trasferimento per incompatibilità del procuratore, il quale secondo l’accusa avrebbe favorito il perito affidandogli le consulenze.