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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Con la sentenza n. 30182 della sezione penale, la Corte di Cassazione ha tracciato un confine netto e rigoroso, adottando un approccio più stringente e meno garantista: le violazioni dei diritti del detenuto accertate dalla Corte Edu contano solo se dimostrano un impatto reale, diretto o indiretto, sul processo e sulla condanna.
La vicenda riguarda un detenuto condannato all’ergastolo per omicidio aggravato dalla Corte d’Assise d’Appello di Messina, che aveva chiesto alla Cassazione di eliminare gli effetti della condanna sulla base di una decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Tutto nasce nel 2016, quando alcuni atti difensivi inviati dal suo legale furono trattenuti durante il regime di 41-bis e consegnati solo un anno dopo, a dibattimento già avviato. Lo Stato italiano aveva riconosciuto a Strasburgo la violazione del diritto alla vita privata e del diritto a un ricorso effettivo (artt. 8 e 13 Cedu). La difesa sosteneva che questa violazione avesse compromesso il diritto di difesa: l’imputato non avrebbe potuto valutare l’opzione del rito abbreviato, che avrebbe ridotto la pena, né indicare tempestivamente testimoni a discarico. Per questo aveva chiesto alla Cassazione di revocare la condanna o di rideterminarne la pena applicando direttamente la diminuzione prevista dal rito abbreviato.
Il procuratore generale aveva chiesto il rigetto, sostenendo che la violazione riguardava solo la corrispondenza e il diritto a un ricorso effettivo, senza incidere direttamente sul diritto a un equo processo, e che mancasse un nesso concreto tra il blocco della corrispondenza e le scelte processuali dell’imputato. La Cassazione ha colto l’occasione per chiarire i principi chiave del nuovo rimedio straordinario introdotto nel 2022 per rimuovere gli effetti di condanne emesse in violazione della Cedu. Le violazioni accertate dalla Corte Edu, anche se relative a diritti “strumentali” rispetto al diritto di difesa, come il diritto alla corrispondenza, possono giustificare un ricorso straordinario solo se hanno avuto un effetto concreto sulle prerogative difensive e un’incidenza, anche indiretta, sulla sentenza di condanna.
I ricorsi basati su violazioni indirette devono indicare chiaramente e in modo documentato come queste abbiano inciso sul processo e sul risultato finale. Senza questa specificità, il ricorso non può essere accolto. Applicando questi principi al caso concreto, la Cassazione ha bocciato l’istanza del detenuto, evidenziando diverse lacune: non è stato dimostrato come la mancata consegna del plico abbia effettivamente impedito l’esercizio del diritto di difesa; non sono stati indicati i testimoni pretermessi né gli effetti delle loro eventuali deposizioni; non è stato provato che l’imputato fosse rimasto completamente ignaro del procedimento, potendo comunque ricevere informazioni tramite colloqui con il difensore o atti notificati; la questione del mancato accesso al rito abbreviato è stata sollevata solo ora, mai nei precedenti gradi di giudizio. Di conseguenza, la richiesta è stata giudicata generica e pretestuosa, con condanna del detenuto al pagamento delle spese processuali.