Qual è il confine tra il rendere un fatto - che prende pure le sembianze di un reato - una notizia rilevante per il pubblico e il non renderlo notiziabile? Questo interrogativo di non poco conto è calato nel dibattito sulla diffusione della conversazione, registrata da Maria Rosaria Boccia, tra l’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e la moglie, Federica Corsini, da parte della trasmissione Report condotta da Sigfrido Ranucci.

Negli ultimi giorni la polemica su ciò che fa o non fa notizia è ritornata a tenere banco con l’aggiunta di elementi che spostano il focus e che avrebbero scarsa rilevanza nella vicenda in questione. A dirlo è un autorevole osservatore come Luigi Manconi, che su Repubblica ha messo in guardia sulla deriva alla quale stiamo assistendo.

Ranucci viene definito un “uomo-simbolo” dell’informazione italiana per cui è necessario «respingere i tentativi di delegittimalo, di vigilare affinché la sua libertà professionale e culturale rimanga intatta». A prescindere dalla condivisione o meno dei contenuti e del metodo di lavoro che caratterizzano Report. Manconi tocca poi un nervo scoperto che spesso si rinviene nel nostro modo di fare informazione: il bilanciamento tra l’interesse ad informare e le questioni che esulano dal farlo.

«A mio avviso – rileva Manconi – la tutela da assicurare a Report non ha nulla a che vedere con una pretesa di immunità. E, dunque, con il rifiuto della decisione del Garante per la protezione dei dati personali di sanzionare la trasmissione dell’audio della telefonata». Sull’intervento del Garante si dibatte in particolare, visto che è stato chiamato in causa con il sospetto di non essere imparziale dopo che un componente dell’Autorità è stato visto entrare nella sede nazionale di Fratelli d’Italia, in via Della Scrofa, a Roma, e dopo che ha ordinato a Report di pagare la somma 150mila euro a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria.

Anche su questo punto Manconi offre spunti di riflessione preziosi. Distingue le critiche, ingiustificate e infondate, dall’operato del Garante per la protezione dei dati personali. «Gli argomenti del Garante della privacy – commenta Manconi – appaiono francamente condivisibili. Il principio della indispensabilità della divulgazione ai fini della essenzialità della informazione – parametri di giudizio fondamentali in questo caso – non appare in alcun modo rispettato». Non vi è, dunque, nessuna esigenza di “completezza giornalistica”.

Giova ricordare che per la registrazione dell’ormai famosa conversazione tra Sangiuliano e la moglie è stato formulata per la stessa Boccia dalla procura di Roma l’accusa di interferenze illecite nella vita privata (articolo 615-bis del Codice penale). Nella telefonata Sangiuliano riferì a Corsini una relazione extraconiugale dalla quale scaturì anche un litigio con riferimenti alla vita privata della coppia. Sia Sangiuliano che Corsini, quasi un anno fa, in occasione delle anticipazioni, nella mattina dell’8 dicembre 2024, della puntata di Report, in cui già comparivano riferimenti alla registrazione, inviarono alla Rai e alla redazione del programma - e per conoscenza al Garante e alla procura - due diffide nelle quali si specificava che l’audio in questione era di illecita provenienza, poiché indebitamente captato dalla Boccia.

Per quanto è noto, anche Sigfrido Ranucci è indagato per la stessa ipotesi di reato contestata a Boccia: il comma 2 dell’articolo 615-bis c.p. punisce pure chi diffonde l’indebita captazione. Inoltre, già nell’esposto di Sangiuliano, noto a Ranucci poiché durante la trasmissione lesse ampi stralci, era specificato che Boccia lo aveva costretto a quella telefonata in vivavoce. L’episodio è oggetto di specifica contestazione in relazione anche al reato di stalking nei confronti di Boccia e Report non poteva non conoscere l’illecita provenienza della registrazione.

Nel suo provvedimento, il Garante evidenzia che «la diffusione dell’audio – che sulla scorta di quanto rilevato integra la violazione della normativa sulla protezione dei dati, secondo gli specifici profili indicati – si è ulteriormente sostanziata, da parte della redazione di “Report”, in una consapevole reiterazione della violazione della protezione dati oggetto di coartata captazione da parte della dottoressa Boccia».

Il professor Pieremilio Sammarco, avvocato e professore Ordinario di Diritto privato comparato presso l’Università di Bergamo, sottolinea il tema dell’illegittimo trattamento dei dati personali. «L’audio che contiene informazioni di carattere personale e dunque riservate – commenta - è stato captato illecitamente e diffuso senza autorizzazione e pertanto rappresenta un trattamento di dati personali illegittimo. Peraltro, questa condotta integra due fattispecie di reato: l’interferenza illecita nella vita privata e la diffusione dell’indebita captazione, proprio i capi di imputazione contenuti nella richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura di Roma contro la signora Boccia».

Sul contemperamento tra l’esercizio del diritto di cronaca e la tutela della privacy, Sammarco è chiaro: «La diffusione dell’audio della conversazione privata tra i coniugi Sangiuliano non era essenziale rispetto al fatto che si voleva narrare; esso poteva essere raccontato senza la diffusione di quella registrazione nel rispetto del principio di minimizzazione del trattamento dei dati. Ricordo che su tale aspetto, oltre quarant’anni anni fa, Stefano Rodotà già teorizzava questo principio fondamentale riconosciuto nella recente normativa europea in materia di trattamento dei dati personali».

Sammarco si sofferma sulla questione della visita di Agostino Ghiglia, componente del Garante, nella a sede di FdI il giorno prima dell’emissione del provvedimento contro la Rai e Ranucci. «Mi sono chiesto – dice - se il soggetto in questione fosse pedinato, osservato da qualcuno durante i suoi movimenti, e se così fosse sarebbe un aspetto allarmante. Quanto al merito della vicenda, non credo ci siano collegamenti tra l’episodio e il provvedimento emesso dal Garante, che, ricordo è composto da quattro componenti, di cui due indicati dai partiti di opposizione all’attuale governo. E mi pare inoltre che il componente del Collegio abbia spiegato che si trovava in quel luogo per altre ragioni. Se un componente del Garante Privacy va nella sede del suo partito di riferimento, si grida allo scandalo, alla parzialità di un’autorità che dovrebbe essere indipendente, alla corruzione dei principi democratici. Mentre se un plurindagato come Ranucci, come egli stesso ha dichiarato di aver ricevuto 220 querele, va come ospite alla convention dell’Anm viene accolto da una standing ovation di oltre un minuto, osannato e preso come esempio per la difesa della democrazia e della libertà di stampa. Credo che ci sia un rovesciamento dei più basilari principi di legalità e di opportunità: un indagato è accolto festosamente dai magistrati che lo dovranno giudicare. Mai vista una cosa del genere».