Mentre il lavoro sulla separazione delle carriere va avanti in commissione alla Camera, la premier Giorgia Meloni e il ministro della Giustizia Carlo Nordio pensano a un ddl governativo sulla stessa materia. L’iniziativa di fatto farebbe slittare ulteriormente la riforma, attesa in Aula per il 25 marzo, ma intanto già “sostituita”, nel calendario, con il ddl penale che porta la firma del guardasigilli.

Si tratta del testo che comprende l’abolizione dell’abuso d’ufficio e che, se approvato, senza modifiche, anche a Montecitorio diventerebbe legge. La volontà del governo di “avocare” la stesura della riforma sulle carriere – che conta quattro proposte in commissione Affari costituzionali, dove i lavori sono ormai in fase avanzata – è stata smentita, nella giornata di ieri, dai partiti di maggioranza, che oggi si apprestano a discutere il testo base a Montecitorio.

Ma in serata più voci hanno confermato l’intenzione dell’Esecutivo di accelerare sulla separazione delle carriere e sul riassetto del Csm, con il via libera a un secondo pacchetto di riforme della giustizia. Meloni e Nordio ne avrebbero discusso lunedì, a Palazzo Chigi, in una riunione sulla giustizia alla quale hanno partecipato – e questa è una novità assoluta – anche altri esponenti della maggioranza, tra i quali i presidenti delle competenti commissioni di Senato e Camera, Giulia Bongiorno e Ciro Maschio. E secondo quanto emerso da ambienti di governo, Nordio avrebbe preso l’impegno di mettere a punto, sul “divorzio” tra giudici e pm, una bozza entro i primi di aprile. Il motto – ostentato in maniera evidente mentre sui giornali si ipotizzano dissidi tra la premier e il suo guardasigilli – è: «Perfetta sintonia» sulla giustizia.

Ma la scelta di intervenire personalmente sul tema potrebbe essere avvertita come l’ennesima delegittimazione del Parlamento, giacché si rischia di rendere inutile il lavoro già svolto. «Se fosse così – commenta al Dubbio il responsabile Giustizia di Azione Enrico Costa, firmatario di una delle proposte sulle “carriere”attualmente in commissione – sarebbe l’ennesimo atto dilatorio del governo sulla riforma». E così sembra essere. Che Nordio volesse mettere il cappello sulla legge costituzionale era emerso chiaramente già il 7 febbraio, quando al congresso dell’Unione Camere penali aveva annunciato l’intenzione di scrivere un ddl governativo molto simile alla proposta già formulata anni fa dai penalisti. La priorità, aveva però sottolineato, rimane la riforma sul premierato. Che, a fronte della speditezza con cui procedeva il lavoro parlamentare sulla separazione, rischiava, forse, di arrivare più in là rispetto alla data del 25 marzo, giorno in cui, come ricordato, si attendeva l’approdo in Aula della riforma più odiata dalla magistratura.

Ma la chiave di lettura potrebbe essere ancora più complessa. E potrebbe riguardare anche il peso specifico acquisito nella coalizione da Forza Italia dopo il più che positivo risultato elettorale in Abruzzo. Un risultato che ha consentito agli azzurri di “battere cassa” sulla separazione, pretendendone finalmente l’approvazione. Da qui il compromesso: per evitare che questa riforma “sorpassi”, nella tempistica parlamentare, il premierato, bisogna rallentarne la corsa. E per farlo l’unica soluzione è quella di un ddl Nordio, che da un lato allungherebbe i tempi e, dall’altro, consentirebbe a Forza Italia di presentarsi all’appuntamento delle elezioni europee con una promessa elettorale di peso, ovvero il divorzio tra giudici e pm.

In ambienti parlamentari, il cambio di calendario, con l’approdo in Aula del ddl penale, è stato bollato come una questione logistica: troppo pochi 10 giorni per mettere a punto tutto e arrivare preparati a Montecitorio. Sulla separazione delle carriere tocca ancora lavorarci – questo è il succo – e quindi lo slittamento sarebbe «naturale». Il lavoro della commissione, ha però commentato un’altra fonte parlamentare, «va avanti». Al netto pure dell’«ingorgo» creato da nuove urgenze, quale, ad esempio, il ddl cybersicurezza, avvertito come prioritario dopo il caso del presunto dossieraggio alla Direzione nazionale Antimafia.

Sul punto, il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano è stato audito ieri nelle commissioni congiunte Affari costituzionali e Giustizia, annunciando una stretta con «sanzioni più adeguate per chi compie accessi illeciti alle banche dati», già comunque richiamata nel disegno di legge approvato lo scorso 25 gennaio in Consiglio dei ministri e diventato, appunto, imprescindibile. «Con la legislazione attuale, se ad esempio nel caso dell’inchiesta di Perugia si arriverà a una condanna per gli indagati, le sanzioni sono di un’efficacia dissuasiva nulla: il ddl punta proprio a rendere più seri i presidi contro questi comportamenti», ha dichiarato Mantovano a margine della seduta. Le prime audizioni in commissione sono previste la prossima settimana. E l’esame di questo provvedimento, spiegano ancora fonti parlamentari, comporterà un «rallentamento dei lavori anche per le altre leggi». Insomma, non ci sarebbero figli e figliastri, ma priorità.