Il filo è sottile. Lo nota Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia ed esponente della Lega, all’evento promosso dal Dubbio a Roma per “Portare il carcere nella Costituzione”. Ostellari, che interviene pochi minuti dopo l’introduzione del presidente Cnf Francesco Greco, nota l’immagine scelta per rappresentare la giornata al “Tempio di Adriano”: un filo, appunto, che si annoda nei grovigli di una gabbia (il sistema penitenziario) e poi ne fuoriesce, finalmente.

«Non si deve guardare alla singola cella ma all’intero sistema, che deve avere una coerenza, funzionare, favorire il recupero, il reinserimento anche attraverso al lavoro». E qui ad essere sottile è soprattutto lo spiraglio lasciato dal sottosegretario leghista per un provvedimento che dia sollievo alle carceri stracolme (oltre 61mila reclusi) e insanguinate dai suicidi, 40 dall’inizio dell’anno. È il sovraffollamento, la madre di tutte i guai da cui poi discendono la disumanità, l’invivibilità, l’insufficienza del personale educativo, degli psicologi, travolti da numeri che oggi è impossibile fronteggiare. «Nella liberazione anticipata speciale, negli sconti di pena, non vedo una vera risposta», ribadisce ancora una volta Ostellari, «rischiamo di portar fuori persone che non sono in grado di reinserirsi». Ma su un «decreto carceri», assicura l’esponente della Lega e del ministero guidato da Carlo Nordio, «siamo al lavoro».

Lo conferma, di lì a poco, il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, il solo, oltre a Greco, a intervenire al di fuori dei quattro panel in cui si articola la giornata: «Un provvedimento del governo ci sarà, può darsi serva un compromesso, che comunque non sarà al ribasso. Dobbiamo semplicemente declinare l’articolo 27 in modo che al percorso di rieducazione si associ la disponibilità del detenuto ad aderirvi». Ma lo spiraglio lasciato aperto da Ostellari e in cui Sisto invita a confidare non è altro che un passo di quel percorso che dovrebbe restituire all’esecuzione penale dignità, umanità, affettività come diritto irrinunciabile.

Il presidente del Cnf Greco lo reclama nel discorso che introduce i lavori: «Noi avvocati siamo consapevoli che la pena deve essere eseguita, ma non è concepibile doverla scontare in una cornice irrispettosa del principio di umanità e finalità rieducativa». Asse attorno a cui ruotano sia il dibattito del primo panel, in cui interviene Ostellari, dedicato a “Architettura penitenziaria e affettività”, sia il “tavolo” sulla diversità della detenzione femminile, animato Da Valeria Valente, Rita Bernardini e dall’avvocata Elisabetta Brusa, componente del dipartimento Pari opportunità di Ocf.
A Greco non sfugge che il nodo in cui il filo della speranza si impiglia è il punto di vista prevalente nell’opinione pubblica, la «convinzione diffusa che chi ha violato la legge debba scontare la pena nel modo più duro e nelle condizioni meno dignitose possibili: ma questo non è degno di un Paese civile», dice il presidente degli avvocati. Piuttosto, bisogna riflettere «su come la pena va scontata: non necessariamente in cella, ma anche attraverso misure alternative». Sul punto, Sisto batte con convinzione: «Una nuova mentalità sul carcere che non è più punto di riferimento nell’espiazione della pena ha ancora necessità di farsi strada, nonostante il grande lavoro dei Tribunali di Sorveglianza».

Eppure, aggiunge il numero due di via Arenula, «c’è un nuovo corso di cui la politica e il ministero devono prendere atto, una nuova lettura del percorso rieducativo». Il riferimento è anche alle novità sostanziali, già introdotte dalla riforma penale, di cui l’attuale viceministro è stato promotore ancor prima che si insediasse Nordio, quando cioè era sottosegretario con l’ex guardasigilli Marta Cartabia.

Sisto parla, da una parte, di un «gioco di squadra tra architettura, politica, magistratura, avvocatura» per «provare a fare del carcere un luogo in cui la normalità possa regnare». Dall’altra interpreta in modo persino sorprendente la sentenza costituzionale numero 10 del 2024 sull’affettività in carcere: «La Consulta non si è limitata a prevedere che la relazione affettiva debba essere assicurata senza il controllo visivo, ma ha lasciato trapelare persino una certa sfiducia nei confronti del legislatore: ha puntualizzato anche i dettagli, quasi per prevenire eventuali inerzie sull’introduzione delle successive, necessarie norme».
Ma resta la disponibilità del ministero di Nordio, rappresentato oggi, al Tempio di Adriano, da due figure politicamente importanti come Sisto a Ostellari, a presentare quel decreto che il sottosegretario leghista descrive così: «Il testo prevede anche una norma che disciplina il procedimento attraverso il quale vengono riconosciuti i benefici, già previsti dalla legge, per i detenuti che aderiscono al trattamento e dimostrano buona condotta. Non saranno introdotti sconti di pena. L’obiettivo è alleggerire i Tribunali di Sorveglianza, oggi gravati dalla necessità di evadere 200mila richieste l’anno e, contemporaneamente, garantire ai detenuti i diritti già previsti dalla normativa vigente».

Il riferimento è all’unica norma della proposta di legge Giachetti-Bernardini destinata ad essere “assorbita” dal provvedimento governativo: l’accoglimento delle istanze per la liberazione anticipata ordinaria già in vigore (che riduce la pena di 45 giorni ogni 6 mesi) da parte non più degli oberatissimi giudici di sorveglianza, appunto, ma del pm competente per l’esecuzione. Ostellari non considera le «misure alternative» come un tabù: semplicemente non ne caldeggia una concessione più estesa di quanto la disciplina già preveda: «C’è la necessità di individuare dei luoghi idonei per l’esecuzione della misura, anche alternativa, che siano capaci di fare formazione e rieducazione. Oggi, a occhio e croce e tolti gli ostativi, abbiamo settemila persone che potrebbero uscire domani», e ottenere «i domiciliari». E perché non escono? «Non perché il Dap si opponga o perché la politica non voglia, ma perché non hanno un domicilio idoneo», ricorda Ostellari in uno dei passaggi chiave della mattinata. Così, nel decreto in arrivo ci sarà anche «un elenco nazionale delle comunità, che siano garanzia per tutti e capaci di accogliere il soggetto e svolgere l’attività di rieducazione».
Di fronte a queste pur limitate aperture, nel panel in cui interviene Ostellari si registra anche la reazione positiva di Anna Rossomando, vicepresidente del Senato che ha passato il testimone di responsabile Giustizia del Pd a Debora Serracchiani: «Sono parole che incoraggiano, diverse da quelle che abbiamo ascoltato finora. Noi vorremmo discutere anche della nostra proposta sulle case territoriali di reinserimento sociale», soluzione non lontana, nella ratio, dalle comunità di cui parla Ostellari, perché destinata sempre a chi è prossimo al fine pena.

«Riguardo l’attuazione della sentenza costituzionale sull’affettività, avevamo presentato un ddl già nelle ultime due legislature», aggiunge la dem Rossomando, «e insistiamo anche sull’effettiva attuazione delle pene alternative». Se si pensa al discorso di Sisto e Ostellari, incluso il passaggio del leghista sui domiciliari, un’insperata convergenza sembra possibile. Basterebbe rendersi conto che non passare dalle proposte agli atti concreti significa restare inerti dinanzi all’intollerabile scia dei suicidi dietro le sbarre.