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Sala e Berlusconi
Il pozzo delle chat che stanno allagando Milano, dall’inchiesta Equalize a quella sull’urbanistica, è ormai un buco senza fondo che travolge tutto e tutti. Si va dal sindaco Beppe Sala all’ex presidente della Fondazione Fiera, Enrico Pazzali, fino a Silvio Berlusconi e… indovinate un po’, alla mafia degli anni Novanta. Ogni giorno sono le chat intercettate, depositate e divulgate a creare i titoli dei giornali e magari ad aiutare nelle vendite. Il nome di Berlusconi riesce a far spostare nel capoluogo lombardo un bel drappello di pubblici ministeri fiorentini, quelli che hanno ereditato, dopo l’abbandono dei due Luca, Tescaroli diventato procuratore capo a Prato e Turco ormai pensionato, l’eterna indagine sulle bombe di mafia del ’ 93. Il drappello di pm è corso subito nella giornata di ieri ( e meno male che c’è il Fatto quotidiano ad appassionarsi e a informarci) a interrogare l’hacker Samuele Calamucci, uno degli indagati dell’inchiesta sulla società Equalize, che ha già ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini.
L’atto che in genere prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. C’è agli atti un’intercettazione in cui Calamucci dice a un interlocutore: «Quella è la vera prova di colpevolezza di Berlusconi di come ha preso i soldi dalla mafia. Troverai anche la firma del carabiniere che conosciamo, il suo nome in codice è Tela». Si tratterebbe dell’ex carabiniere dell’anticrimine di Milano, in seguito uomo dei Ros e poi dei servizi segreti, Vincenzo De Marzio, un altro degli indagati di Equalize, il quale ha travolto gli investigatori con la consegna di un archivio contenente 53.000 documenti riservati del Viminale e degli stessi Servizi.
All’interno di questo mare magnum chissà perché il buon Calamucci ha pensato bene di sottolineare la presenza di un appunto, la cui attendibilità è simile a quella che raccontava, nel fallimentare processo “Ndrangheta stragista”, di una passeggiata di Berlusconi e Craxi nel vigneto di un boss. Narra infatti che il fondatore di Forza Italia avrebbe ricevuto soldi da un uomo dello “stalliere” Vittorio Mangano, sotto un ponte della via Comasina. Ce lo vedono, i magistrati, uno dei maggiori imprenditori italiani, a ricevere l’elemosina da un mafioso sotto un ponte della periferia milanese?
A parte la contraddizione col fatto che, se mai, Berlusconi è sospettato di aver dato, e non ricevuto, soldi alla mafia, che cosa c’entra questa vera boutade con l’inchiesta sulle bombe del ’ 93 che si trascina da trent’anni dalla Sicilia alla Toscana? Fatto sta che dalla Procura di Firenze si sarebbero mossi in quattro per andare a sentire Calamucci come persona informata sui fatti. Ma quali fatti? È proprio vero che spendere il nome di Berlusconi accende sempre le speranze di venditori e compratori di fuffa.
Ma nel pozzo di San Patrizio delle chat, il leader di Forza Italia è in buona compagnia. Quella del sindaco Sala, per esempio. E della sua spina nel cuore, che si chiama stadio di San Siro. Con quel contratto di compravendita alle due squadre milanesi, di cui si dice nessuno abbia mai visto, ma di cui si parla eccome, nelle conversazioni e nelle chat intercettate. Quelle tra l’ex assessore Giancarlo Tancredi e il direttore generale del Comune Christian Malangone, in larga parte. E addebitate a Sala come responsabilità politica. Sono ripresi ieri gli incontri politici e amministrativi per discutere della delibera che dovrebbe avviare la vendita a Milan e Inter, non solo dello stadio – che sarebbe destinato a essere abbattuto nonostante le perplessità delle Belle arti sul secondo anello – ma pure di un’ampia area circostante per costruire, oltre a un nuovo “Meazza”, anche grattacieli e uffici, un centro commerciale e un importante albergo. Un’operazione molto malvista dalla gran parte dei milanesi, e non solo da quelli più moralisti che vedono sempre e comunque la “speculazione” in agguato dietro ogni operazione commerciale.
Non è il caso del popolare comitato “Si Meazza”, presieduto dall’ex vicesindaco Pci Luigi Corbani, né probabilmente dei tre verdi presenti in consiglio comunale, Carlo Monguzzi, Tommaso Guerini e Francesca Cucchiara, pronti a bocciare la delibera. Cui vanno aggiunti i dem Alessandro Giungi e Rosario Pantaleo, oltre a Enrico Fedrighini, storico esponente dell’ambientalismo, eletto nella lista Sala. Ma sono tanti gli indecisi a sinistra. Un problema politico non da poco, prima ancora che numerico sul conteggio dei voti.
Dopodiché, a intorbidare le acque, ecco le chat, le conversazioni private da cui emergono anche incontri tra responsabili istituzionali e agenti delle due squadre interessate alla delibera che dovrebbe dare il via libera all’acquisto. E tutto viene messo sul conto del sindaco Sala, come se non bastassero i sospetti e le indagini della Procura. Ma allora, si domanda sul Fatto Gianni Barbacetto, che sullo “scandalo” dell’urbanistica milanese ha scritto articoli a fiumi e anche un libro, “su San Siro la linea del Comune l’hanno preparata Milan e Inter?”. Poi, dal momento che ogni giornale ha i propri bersagli, e uno dei preferiti di Domani è Enrico Pazzali, ormai ex presidente di Fondazione Fiera in seguito all’inchiesta su Equalize, ecco il sobrio titolo di ieri del quotidiano di De benedetti: “Spioni e mattoni. Anche Pazzali nelle chat di Sala”.
Due piccioni con una fava, dicevano gli antichi. Così si mettono insieme le due inchieste che nulla hanno a che vedere l’una con l’altra. E nel chiamare in causa Sala per l’urbanistica si tira qualche randellata a Pazzali che non c’entra niente e, ovviamente, non è sottoposto a indagini in quel filone di inchiesta. Se poi mettiamo come sempre anche un pizzico di Berlusconi, il gioco è fatto. E il pozzo di San Patrizio delle chat è al completo. Titoloni di coda.