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Raffaele Fitto è pronto. Il documento di revisione del Pnrr, concordato con la cabina di regia a Palazzo Chigi, passerà nei prossimi giorni per «una verifica in Parlamento e con le parti sociali, poi discuteremo con Bruxelles», come chiarisce il ministro per gli Affari Ue.
In vista dell’ok di Bruxelles, che fonti della Commissione europea già danno per probabile e che dovrebbe arrivare a fine agosto, la “bozza” indica trasferimenti di risorse, con l’esclusione dal Pnrr di investimenti che non si farebbe in tempo a realizzare entro la scadenza concordata con l’Europa, il 2026. Si tratta di una revisione che riguarda interventi per 15,9 miliardi. «Non abbiamo eliminato alcun finanziamento», assicura Fitto. Nel senso, che, spiega, tutti i progetti esclusi dai fondi per la “Ripresa e resilienza” (spiccano la tratta ferroviaria Roma- Pescara e due lotti della Palermo-Catania) saranno comunque realizzati con altre coperture, come «il Piano nazionale complementare al Pnrr e i fondi delle politiche di coesione».
Già Pd e 5 Stelle passano all’attacco sulla “rinuncia” a includere nel Piano le 144 “misure” interessate (che spesso sono solo “ridefinite”). Ma c’è un capitolo, pure soggetto alla proposta di revisione che Fitto sottoporrà a Bruxelles, di cui lo stesso ministro per gli Affari Ue non parla: la giustizia. In particolare la giustizia civile. Ebbene, qui c’è non solo una «riprogettazione dei cicli di assunzione degli addetti dell’Ufficio del processo e una ridefinizione del target assunzionale complessivo», come richiesto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Si prevede, soprattutto – e il dato è decisamente meno scontato – una revisione degli obiettivi di riduzione dell’arretrato.
In particolare per i Tribunali circondariali (a sorpresa, le notoriamente “sommerse” Corti d’appello non destano allarme) e più precisamente per 45 delle 140 sedi in cui è divisa l’Italia giudiziaria. Qui non si tratterà di ottenere dall’Europa uno spostamento di fondi, come per le linee ferroviarie. La faccenda è più delicata, ed è forse per questo che il ministro con delega al Pnrr non ne parla, al momento: nel caso della giustizia civile, bisognerà convincere l’Europa a concedere una più lenta riduzione dell’arretrato. Si dovrà cioè ottenere il via libera sul più graduale raggiungimento di un target che, secondo la definizione del Piano, è “orizzontale e abilitante” rispetto alla concessione dei 191,5 miliardi complessivi promessi dalla Ue all’Italia.
Il problema, come si legge nelle “Proposte per la revisione del Pnrr” messe a punto da Fitto e dalla cabina di regia di Palazzo Chigi, sarebbe originato soprattutto dalla «onda dei ricorsi in materia di protezione internazionale del 2019». Più precisamente, la percentuale di riduzione dell’arretrato – che secondo il Pnrr dovrebbe raggiungere, rispetto al 2019, quota 65% nel 2024 e addirittura il 90% entro la scadenza dell’intero Piano, cioè nel 2026 – era più incoraggiante prima del covid e della definizione del Pnrr, cioè nel triennio 2017- 2019, quando il monte delle cause da smaltire era stato “abbattuto” del 9,2%. Dopo, vale a dire nel 2021 e nel 2022, è andata peggio, visto che, recita il documento di Fitto, «la riduzione media annuale dell’arretrato nei Tribunali è stata inferiore al 6%».
In realtà il quadro presenta una clamorosa asimmetria, visto che, a fronte di una maggioranza di sedi giudiziarie “virtuose”, 95 in tutto, che nel triennio 2019- 2022 hanno “tagliato” il 28 per cento delle cause arretrate, c’è un “nucleo critico” di 45 Tribunali che, viceversa, «hanno registrato un aumento dell’arretrato» . Situazione allarmante, legata, per il governo, anche ad altre due ulteriori circostanze. Innanzitutto, al fatto che «una quota significativa del nuovo personale per l’Ufficio del processo non è rimasta in servizio» . In secondo luogo, il ritardo è spiegato anche con l’efficacia che la riforma civile di Cartabia non avrebbe ancora dispiegato, giacché le sue “innovazioni” si applicano «ai casi successivi all’entrata in vigore» e i suoi effetti, sempre secondo il documento del governo, «richiederanno qualche tempo per manifestarsi» .
Un quadro pesante, finora tenuto un po’ nascosto. Il ministro con delega al Pnrr, per venirne a capo, formula due proposte all’Ue: o una «mera rideterminazione quantitativa alla luce delle circostanze emerse nel primo periodo di attuazione», quindi una riduzione dell’arretrato civile più differita nel tempo, oppure «la previsione di target differenziati, che tengano conto delle differenze oggettive tra Uffici giudiziari».
Ci sono altri due capitoli relativi alla giustizia. Uno sulle assunzioni, che rappresentano, queste sì, un investimento finanziato dal Pnrr, per 2 miliardi e 268 milioni, e che, come detto, sono oggetto di una proposta complessiva di ridefinizione da parte di via Arenula.
Nordio chiede di riorganizzare l’immissione delle nuove risorse sia in virtù degli “abbandoni anticipati” da parte di molti addetti all’Ufficio per il processo, poco attratti dal natura “a termine” dei loro contratti, sia considerato che il loro reclutamento non è stato mai completato: «Sono state riscontrate difficoltà nella copertura delle posizioni messe a bando, sia per gli addetti Upp che per i profili tecnici, soprattutto al Nord».
Tra gli investimenti esclusi dal Pnrr e che andranno finanziati in altro modo compare, udite udite, anche la «valorizzazione dei beni confiscati alle mafie» , ambito che valeva 300 milioni di Pnrr. Ieri Nordio, nel trentesimo anniversario della strage di via Palestro, ha ricordato che «la lotta contro la mafia - come ammoniva Paolo Borsellino - non può concedersi pausa alcuna. E questo è il nostro solenne impegno, da tradurre ogni giorno in azioni concrete». Che sicuramente dovranno consistere anche in una gestione dei beni sequestrati diversa rispetto agli anni passati.