«Un cittadino oggi può essere accusato da un pm e domani, magari, vedersi giudicato dallo stesso magistrato diventato giudice», ha dichiarato al plenum del Csm Alessio Lanzi, consigliere laico in quota Forza Italia, stigmatizzando la delibera, approvata a maggioranza, con cui è stato dato il via libera al cambio di funzioni di alcune toghe.

«Il Csm ha deciso di farla passare come pratica ‘ urgente’ quando invece è una questione che interessa enormemente l’opinione pubblica, a differenza dei flussi tabellari, della pratiche a tutela, del conferimento degli incarichi», ha sottolineato il professore e avvocato milanese, secondo cui «non si può lasciare tanto automatismo in questi passaggi di funzioni, non essendo pratiche di routine».

Fra le criticità di questa pratica, Lanzi ha anche evidenziato carenze sotto il profilo del rispetto delle regole: «Il legislatore, per il cambio di funzione, ha previsto tassativamente che serva una partecipazione a un corso di qualificazione professionale e un parere di idoneità da parte del Csm, previo parere del Consiglio giudiziario, acquisite le osservazioni del procuratore generale o del presidente della Corte d’Appello, tutti aspetti che non sono stati contemplati in questa delibera» .

I laici hanno votato compatti ma, essendo la metà esatta dei togati, la delibera è comunque passata. Con dieci voti a favore, sette contrari e due astenuti: i togati di Autonomia e indipendenza Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo. Favorevole allo status quo, invece, Piercamillo Davigo, fondatore e leader dello stesso gruppo di “Aei”. «È vero – ha affermato l’ex pm di Mani pulite - che la norma prescrive di fare il corso prima», ma «la prassi costituzionalmente orientata che ha sempre consentito di essere ritenuti idonei al tramutamento di funzioni dopo la domanda di ammissione al corso di riconversione alla Scuola superiore della magistratura è sostenuta dal fatto che un magistrato non può essere penalizzato e discriminato da un’accettazione al corso che dipende dalla mera disponibilità della Scuola».

A favore della delibera anche i quattro togati di Area, il raggruppamento progressista della magistratura, secondo i quali «si deve favorire il passaggio di funzioni da giudicanti a requirenti e viceversa. In tale modo infatti si migliora la qualità complessiva della giurisdizione». Sulla stessa linea di Lanzi, invece, anche l’altro laico di Forza Italia, l’avvocato napoletano Michele Cerabona: «Siamo in presenza di provvedimenti in ciclostile. La delibera deve essere conforme alla normativa. Il parere non viene riportato nella delibera e questo non consente di esprimere il giudizio nel merito, non potendosi svolgere alcuna funzione di verifica e di controllo».

Prima del voto finale il plenum aveva respinto, con dieci voti contrari e otto favorevoli, la proposta di ritorno della pratica in Commissione avanzata dal consigliere Filippo Donati, laico in quota M5S, e sostenuta anche da Nino di Matteo, unico togato a votare inizialmente a favore insieme ai laici. In sede di discussione, il magistrato del processo Trattativa, ha però tenuto a ricordare come «l’unicità della giurisdizione è un patrimonio da tutelare e non bisogna lasciare spazio ad ombre o strumentalizzazioni» .