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Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti d’America un ex presidente è entrato negli uffici giudiziari di Manhattan in qualità di persona incriminata per vari reati. La presenza in Tribunale di Donald Trump si riferisce alla contestazione di un pagamento illecito in favore di Stephanie Clifford, in arte Stormy Daniels, pornostar e regista di film per adulti.
Il versamento è stato effettuato per “comprare” il silenzio dell’attrice con la quale il tycoon ebbe una relazione nel 2006, dieci anni prima dell’ingresso nella Casa Bianca. La somma versata, 130mila dollari, secondo l’accusa, è stata fatta veicolare con la falsificazione di documenti fiscali di alcune aziende legate a Trump. Il suo ex avvocato, Michael Cohen, diventato poi teste dell’accusa, ha dichiarato di aver pagato la pornostar per poi farsi rimborsare la somma direttamente dalla “Trump Organization”, sotto forma di spese legali. Lo scandalo risale al 2016, poco prima della vittoria elettorale che consentì a “The Donald” di diventare il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti.
Ad occuparsi del “caso Stormy Daniels” è stato il Grand Giurì di Manhattan, composto da 23 membri, che ha votato la scorsa settimana a favore dell'incriminazione chiesta dalla procura distrettuale, guidata da Alvin Bragg.
Nel sistema penale a stelle e strisce il Gran Giurì è istituito dal pubblico ministero. Quest’ultimo viene supportato per verificare se ci sono prove sufficienti per accusare una persona. Il Grand Giurì può svolgere verifiche in merito alla commissione o meno di un reato grazie a specifici poteri investigativi.
Può emettere citazioni in giudizio per obbligare le persone a testimoniare o consegnare documenti relativi ai casi in esame. I suoi componenti possono anche interrogare i testimoni. Il legame tra l’accusa e il Grand Giurì è tutto nell’espressione “prosecutor-friendly”. Indica chiaramente il forte ascendente del procuratore. Il Grand Giurì, infatti, accusa quando il procuratore vuole che accusi; si ferma davanti ai “cancelli” dell’archiviazione, quando il procuratore non ha la forza o il coraggio di archiviare.
La presenza del Grand Giurì è prevista dal quinto Emendamento della Costituzione Usa. In caso di reati gravi è previsto che, prima di andare al trial, le accuse vengano sottoposte obbligatoriamente al Grand Giurì, dimostratosi inflessibile, pochi giorni fa, in occasione delle accuse formulate dal procuratore Bragg.
L’assalto al Congresso
I guai giudiziari dell’ex presidente repubblicano non sono connessi solo al pagamento in nero di Stormy Daniels. Riguardano altre due inchieste, quelle, forse, con i risvolti più gravi. La prima riguarda l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. A capo dei rivoltosi ci fu Jacob Chansley, lo “Sciamano Qanon”. Le immagini mentre si muove nei lunghi e luccicanti corridoi del Congresso, a torso nudo, “armato” di megafono, con un copricapo con le corna e il volto dipinto, rimarranno nella storia.
Dopo un'indagine durata circa diciotto mesi e più di mille testimoni ascoltati, il Comitato ristretto del Congresso ha emesso le sue raccomandazioni al Dipartimento di Giustizia nel dicembre 2022. L’organismo incaricato di indagare, composto da sette democratici e da due repubblicani, ha affermato di avere "prove schiaccianti" contro Trump, ritenuto responsabile per aver "orchestrato" e "supervisionato" le proteste del gennaio di due anni fa.
Le manifestazioni avevano un obiettivo preciso: ribaltare, con l’uso della folla inferocita, i risultati delle elezioni presidenziali del 2020. Tuttavia, le raccomandazioni del Comitato ristretto non hanno alcun valore legale. Possono, però, costituire una solida base per future incriminazioni. Nell’inchiesta sull'attacco al Campidoglio sono stati processati un migliaio di manifestanti. Le prime condanne sono state emesse il 30 novembre 2022 e hanno riguardato i membri di una milizia di estrema destra, gli “Oath Keepers”, accusati di sedizione, un reato per il quale si rischiano fino a 20 anni di carcere.
La sottrazione di documenti governativi classificati
Quando Trump ha lasciato la Casa Bianca, nel gennaio 2021, ha portato con sé nella residenza di Mar-a-Lago, in Florida, numerose scatole contenenti documenti. Una legge del 1978 impone a ogni presidente americano di inviare tutte le sue e-mail, lettere e altri documenti di lavoro agli archivi nazionali. L'agenzia federale ha notato, già nella primavera del 2021, l'assenza di alcuni documenti e ha chiesto a Trump di restituirli. Una richiesta in un primo momento finita nel vuoto per poi dare inizio ad un vero e proprio tira e molla tra l’esponente repubblicano e le autorità federali.
Nel gennaio 2022, l'ex presidente ha restituito 15 scatoloni contenenti 184 documenti "classificati". Da alcune verifiche è stato appurato che tante altre carte erano ancora in possesso del già POTUS. I suoi avvocati hanno quindi inviato una seconda parte di documenti al Dipartimento di Giustizia nel giugno 2022. Non convinti dell’intera restituzione gli investigatori hanno effettuato una perquisizione nella casa di Trump l'8 agosto 2022.
Un accesso nella residenza in Florida motivato da una potenziale violazione dell'Espionage Act del 1917, che proibisce la raccolta di informazioni sulla sicurezza nazionale potenzialmente dannosa per gli Stati Uniti, "trattenendo materiali classificati" e "ostacolando un'indagine federale".
Non è finita qui. Un’altra grana giudiziaria per Trump si intravede all’orizzonte e riguarda il voto del 2020 in Georgia. Il procuratore distrettuale della contea di Fulton sta valutando se accusare l’ex inquilino della Casa Bianca per le interferenze nelle elezioni presidenziali statunitensi di tre anni fa. Insomma, la presenza a Washington del tycoon si è dimostrata la più chiassosa e controversa della storia americana.