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I momenti della strage di Cutro
È prevista per il 21 luglio l’ultima udienza preliminare del processo sui presunti mancati soccorsi alla Summer Love, il caicco che il 26 febbraio 2023 si è schiantato contro una secca al largo di Steccato di Cutro, provocando 94 morti, 35 dei quali minorenni, e diversi dispersi. In quella data, dopo le discussioni finali, il giudice per l’udienza preliminare Elisa Marchetto deciderà sull’eventuale rinvio a giudizio di quattro militari della Guardia di Finanza e due della Guardia Costiera, ai quali la procura di Crotone contesta i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo, evidenziando gravi negligenze, sottovalutazioni e ritardi nella catena delle decisioni che avrebbero potuto cambiare il destino dei migranti a bordo dell’imbarcazione partita dalla Turchia.
Durante l’udienza di ieri sono state esaminate le eccezioni presentate dai responsabili civili citati nel processo ministeri degli Interni e delle Infrastrutture e Consap -, che hanno chiesto di essere estromessi dal procedimento per il presunto ritardo nella notifica e per il merito della citazione. Richiesta alla quale le parti civili, rappresentate dagli avvocati Francesco Verri e Barbara Ventura, si sono opposti. I due legali hanno depositato una memoria, nella quale hanno evidenziato che il naufragio ha coinvolto un “natante” non assicurato e quindi rientra esattamente nei casi in cui il Fgvs è obbligato a intervenire.
La memoria sottolinea che la legge non prevede eccezioni in merito: qualsiasi natante non assicurato che provochi danni rientra nella sfera di responsabilità del Fondo. La Summer love «ha navigato indisturbata fino a schiantarsi nelle acque di Steccato di Cutro» e «ciò è potuto accadere a causa della negligenza, imperizia e imprudenza delle Autorità compententi e in particolare degli imputati e altresì della loro colpa specifica consistita nella violazione del regolamento Ue 656/ 2014» e di altre disposizioni di legge, «norme regolamentari e raccomandazioni che rappresentano la fonte del dovere di agire per la tutela dell’ordine pubblico e la salvaguardia dei diritti fondamentali dei migranti». Le Autorità competenti «erano perfettamente consapevoli del fatto che un natante carico di persone navigava in condizioni estremamente precarie rese ancor più pericolose dalle condizioni meteorologiche» della notte della tragedia, avendo ricevuto una segnalazione da Frontex già la sera del 25 febbraio.
Il Fondo, secondo i legali, non può sottrarsi alla responsabilità nemmeno se le vittime erano trasportate irregolarmente: «Nel caso dei terzi trasportati dal veicolo o dal natante, quali erano nella fattispecie i familiari delle persone costituite parti civili, l’art.? 141 del citato Codice delle Assicurazioni stabilisce d’altronde che “il danno subito dal terzo trasportato è” sempre “risarcito dall'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro” (cui subentra per l’appunto il Fondo se il mezzo non è assicurato) facendo soltanto “salva l'ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito”».
In questo caso, però, non sarebbe invocabile il caso fortuito, poiché le autorità avevano informazioni chiare sul natante in difficoltà e hanno scelto di trattarlo come operazione di polizia e non come evento Sar. «Lo Stato deve partecipare in prima persona a questo processo - ha commentato Verri -. È il senso della chiamata in giudizio da parte nostra di Consap e dei ministeri».
Il gup Elisa Marchetto, dopo un'ora di camera di consiglio, ha respinto le richieste di estromissione e rigettato anche le nuove richieste di costituzione di parte civile presentate da alcuni parenti delle vittime - dieci afgani che vivono in Turchia, Iran e Pakistan - che non hanno potuto firmare le procure speciali nelle ambasciate italiane per motivi di sicurezza. Gli avvocati Marco Bona ed Enrico Calabrese hanno depositato nei giorni scorsi le richieste corredate da alcuni video nei quali i parenti delle vittime firmavano la procura speciale, modalità dichiarata inammissibile dalla gup.