La vicenda di Alfredo Cospito esce dai confini nazionali e arriva fino all’Organizzazione delle Nazioni Unite. L’Alto commissariato Onu per i diritti umani ha chiesto all’Italia di assicurare il rispetto in carcere della dignità e dell’umanità dell’anarchico, in regime di 41 bis e in sciopero della fame da ormai 136 giorni. Lo hanno reso noto il suo legale Flavio Rossi Albertini e Luigi Manconi, presidente di “A buon diritto”.

«Il primo marzo, l’Alto Commissariato Onu per i Diritti umani», si legge nella nota, «ha inviato allo Stato italiano la richiesta di applicazione di misure temporanee cautelative relative alla detenzione al 41 bis di Alfredo Cospito. Il documento è stato notificato alla rappresentanza del governo italiano a Ginevra e all’avvocato Flavio Rossi Albertini, che subito dopo il rigetto del ricorso per Cospito in Cassazione aveva inoltrato una comunicazione individuale al Comitato Diritti umani denunciando le condizioni di detenzione del proprio assistito». In attesa della decisione sul merito della petizione individuale presentata per Alfredo Cospito, il Comitato ha dunque deciso di applicare una misura provvisoria che consiste nel richiedere all’Italia di assicurare il rispetto degli standard internazionali, e in particolare dell’articolo 7 (divieto di tortura e trattamenti o punizioni disumane o degradanti e divieto di sottoposizione, senza libero consenso, a sperimentazioni mediche o scientifiche) e dell’articolo 10 (umanità di trattamento e rispetto della dignità umana di ogni persona privata della libertà personale, riabilitazione sociale del detenuto) del Patto internazionale sui Diritti civili e politici “in relazione alle condizioni detentive di Alfredo Cospito”.

Lo Stato italiano ha 6 mesi per rispondere. Dal ministero della Giustizia arriva una breve nota in cui, in pratica, si sottolinea che non viene mossa nei confronti dell’Italia alcuna contestazione: «L’Italia fornirà all’Onu le informazioni richieste, dopo la petizione della difesa di Alfredo Cospito. Una richiesta trattata dalle Nazioni Unite secondo la procedura ordinaria applicabile a ogni petizione ricevuta: l’Onu chiede all’Italia informazioni sul caso e domanda di assicurare che le condizioni di detenzione siano conformi al Patto internazionale sui Diritti civili dell’uomo, e rispettino gli articoli 7-10».

Diverso il parere di Sofia Ciuffoletti, filosofa del Diritto all’Università di Firenze, secondo cui «l’applicazione di una misura provvisoria nei confronti dell’Italia da parte del Comitato per i Diritti umani delle Nazioni Unite in relazione al caso di Alfredo Cospito costituisce una notizia di grande rilievo dentro e fuori dai confini del nostro Paese». Infatti, «da un lato il Comitato sta dicendo all’Italia che le condizioni di detenzione cui è sottoposto Cospito, all’interno del regime del ‘carcere duro’, sono sottoposte alla stretta vigilanza internazionale proprio in relazione a un fumus di violazione degli standard internazionali, del divieto di tortura o trattamenti e pene disumane e degradanti, del divieto di sottoposizione coatta a sperimentazioni mediche, del principio di umanità del trattamento e del rispetto della dignità personale». Dall’altro, «nella prassi di questo importantissimo organo per la tutela dei diritti a livello internazionale, la irrogazione di una misura provvisoria viene normalmente decisa nei più gravi casi di necessità e urgenza in relazione a rischi per la vita e l’incolumità fisica delle persone, solitamente in casi di sentenze capitali o rischi di espulsione verso Paesi che praticano la tortura. La valutazione di urgenza e rischio imminente in un caso relativo a un regime speciale di detenzione costituisce un precedente importantissimo. La misura in cui l’Italia darà, da oggi in poi, attuazione alla richiesta provvisoria determinerà l’adesione del nostro Paese al nucleo fondante della civiltà giuridica occidentale e del principio di habeas corpus».

Secondo il Comitato, «l’indicazione di interim measures è effettivamente vincolante per lo Stato membro», e «ignorarla volontariamente corrisponde a una violazione del Protocollo opzionale. Ci si aspetta pertanto dagli Stati che essi rispettino le decisioni del Comitato». Tuttavia, fanno sapere Rossi Albertini e Manconi, «nonostante la richiesta dell’Onu di adottare misure urgenti a protezione del detenuto, trascorsi quasi due giorni dalla notifica del provvedimento, nessuna iniziativa è stata assunta dal ministro della Giustizia per revocare o quantomeno migliorare la condizione detentiva di Cospito». Le misure urgenti vengono adottate dal Comitato quando sussiste il rischio imminente per la tutela dei diritti essenziali della persona e al fine di evitare danni irreparabili al ricorrente nelle more della decisione finale del Comitato stesso. «Il danno irreparabile sarebbe la morte di Alfredo Cospito durante la detenzione», concludono il legale dell’anarchico e il presidente di “A buon diritto”. «È chiaro che con questa azione il Comitato sta per la prima volta mettendo in dubbio la legittimità del 41 bis rispetto alle Convenzioni internazionali. È molto difficile che l’Italia possa dimostrare che una detenzione a vita e in un regime di estremo isolamento stia garantendo il fine essenziale di ravvedimento e riabilitazione sociale».

Soddisfazione da parte di Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali italiani: «Non possiamo che condividere quanto scritto dal Comitato Onu sul cosiddetto caso Cospito. Le violazioni degli articoli 7 e 10 sono lampanti. Tuttavia bisogna nuovamente sottolineare come il 41 bis sia una forma di tortura non solo per Cospito ma per tutti i detenuti oggetto del cosiddetto carcere duro».