Ci saranno probabilmente novità sul fronte del processo civile, rispetto alla vigente impostazione definita dal decreto legislativo 149 del 2022, cuore della riforma civile di Marta Cartabia (incorniciata dalla legge delega 206 del 2021).

Infatti, il 21 maggio scorso la commissione Giustizia del Senato ha dato il via libera allo schema di decreto legislativo correttivo del citato D. Lgs 149/ 2022, esprimendo un parere favorevole (con osservazioni), redatto dalla relatrice Erika Stefani, capogruppo della Lega nella commissione presieduta da Giulia Bongiorno e avvocata.

La senatrice Stefani spiega che il parere è frutto delle «suggestioni e proposte di tutti i gruppi parlamentari», e che nel formularlo si è tenuto conto delle «difficoltà segnalate dagli operatori del diritto che quotidianamente si confrontano con l’applicazione in concreto delle disposizioni introdotte». Alcune proposte contenute nel documento, secondo la parlamentare della Lega che è anche segretaria di presidenza del Senato, «vanno nel senso di ridurre le incertezze applicative che avevano alimentato contrasti interpretativi, e che avevano provocato differenti prassi giudiziarie tra i diversi Tribunali».

Il punto di maggiore interesse tre le osservazioni contenute nel parere concerne il nuovo rito della famiglia. «L’osservazione nasce dall’esperienza di avvocati e magistrati in sede di prima applicazione della riforma Cartabia – sottolinea Stefani – la quale, obbligando la cosiddetta totale discovery prima dell’udienza, aveva sacrificato e compromesso la possibilità di trovare soluzioni conciliative, che in passato avvenivano spesso in occasione della prima udienza». Ecco perché nel parere si propone una prassi già comune a molti Tribunali, ossia «l’introduzione di una udienza volta a tentare la conciliazione prima che intervenga la barriera delle preclusioni anche istruttorie», oppure, all’esito della prima udienza, la previsione di «un termine per la precisazione delle domande e per la precisazione delle istanze istruttorie, postergando la barriera preclusiva, e permettendo così alle parti di trovare un accordo prima della totale discovery». Un’altra proposta importante, rileva la senatrice che ha redatto il parere, è «l’estensione dell’applicazione del rito di famiglia ad altre controversie che nascono dalle crisi familiari».

Nel documento della commissione Giustizia del Senato vi è poi una serie di osservazioni, con le quali si suggeriscono al governo alcune modifiche, tra cui:

1) l’ampliamento del termine, previsto dall’articolo 47 del codice di procedura civile, da 20 a 40 giorni per la parte che propone l’istanza di regolamento di competenza alla Corte di cassazione, per depositare il ricorso, dall’ultima notificazione alle altre parti, poiché l’informatizzazione del fascicolo in Corte di cassazione non rende possibile per il resistente depositare le proprie difese nello stesso termine assegnato al ricorrente per il deposito del ricorso, perché il fascicolo telematico non è ancora formato;

2) la modifica dell’articolo 290 c. p. c., prevedendo che la contumacia dell’attore sia dichiarata dal giudice con decreto, e che se il convenuto non fa richiesta di prosecuzione del giudizio entro il termine di 40 giorni prima dell’udienza ( di cui all’art. 171- ter n. 1), il giudice istruttore disponga che la causa sia cancellata dal ruolo, e che il processo si estingua;

3) l’eliminazione, nell’articolo 281- undecies del c. p. c. del richiamo dell’avvertimento che la costituzione oltre i 70 giorni prima dell’udienza, implica le decadenze ( ex artt. 38 e 167 c. p. c.), in quanto appare incoerente rispetto alla funzione del rito semplificato;

4) l’estensione della possibilità di svolgimento in modalità telematica, già prevista per la negoziazione assistita, alla disciplina delle conciliazioni in materia di lavoro ( articoli 410 e 412- ter c. p. c.), per agevolare il confronto e la negoziazione tra le parti, aumentando così le possibilità di favorevole definizione della controversia in via stragiudiziale;

5) la sostituzione, nell’articolo 473- bis c. p. c., dell’obbligo di deposito degli estratti conti relativi agli ultimi 3 anni, con l’obbligo di produzione della documentazione attestante i saldi mensili di conto corrente degli ultimi 3 anni, e nel caso in cui i dati non dovessero apparire verosimili, o in contrasto con il tenore di vita del soggetto, o se le informazioni di carattere economico fornite dai coniugi non risultassero sufficientemente documentate, l’introduzione della previsione che il Giudice possa disporre, anche d’ufficio, la produzione degli estratti conto e di ogni altra documentazione utile atta a dimostrare i propri redditi e proprietà.