Sabato l’Associazione nazionale magistrati riunirà il proprio “parlamentino” a Roma per decidere se rispondere con una qualche iniziativa (e di che tipo) all’introduzione dei test psico-attitudinali varata dal governo per chi parteciperà, a partire dal 2026, ai concorsi in magistratura.

La norma ancora non è pubblicata in Gazzetta ufficiale. E in proposito, il deputato e responsabile Giustizia di Azione Enrico Costa ha dichiarato: «Sono passati 10 giorni dal Consiglio dei ministri che ha approvato le norme sui test per i magistrati, sui fuori ruolo, sulle valutazioni di professionalità e non c’è ancora il testo ufficiale. Lo hanno rimaneggiato per giorni. È troppo chiedere di leggere l’articolato?». Quello che invece le toghe hanno letto venerdì è stata la lunga intervista rilasciata dal ministro Carlo Nordio al Messaggero, nella quale il guardasigilli ha ribadito che i test sono a maggior ragione importanti considerato che i sondaggi descrivono un grosso calo di fiducia dei cittadini nei confronti delle toghe.
Inizialmente, dalle indiscrezioni raccolte, sembrava che lo sciopero dell’Anm non fosse più una ipotesi, e che si stesse andando verso altre strade, come quella di affidare a dei giuristi, a dei costituzionalisti, l’analisi delle norme relative alle verifiche psicologiche, per valutare se configurino un eccesso di delega e se sussista un conflitto con l’articolo 106 della Costituzione. Ma le dichiarazioni del ministro sembrerebbero aver riacceso gli animi della magistratura associata. Abbiamo raccolto i pareri dei rappresentanti delle diverse correnti: nessuno ovviamente ha voluto anticipare la posizione che assumerà rispetto alla possibilità di un’astensione o al ricorso a soluzioni più mediate, ma il malumore è generalizzato.

Secondo il segretario generale di Magistratura indipendente, Claudio Galoppi, «la fiducia non si guadagna con i test, che sono, sotto questo profilo, del tutto inutili: la fiducia si recupera con la qualità e l’efficienza della risposta di giustizia. La magistratura da anni è fortemente impegnata su questo fronte. Occorrono invece più investimenti e risorse, e questo spetta al ministero».
«Il ministro della Giustizia», ci dice invece il rappresentante di Magistratura democratica nel “parlamentino” (il comitato direttivo centrale) Stefano Celli, «cerca di coprire le sue inadempienze, dal processo penale telematico che non funziona, alle carceri che sono sovraffollate con i suicidi che crescono, anche fra la polizia penitenziaria, occupandosi, male, di materie che la Costituzione affida ad altri organi, in questo caso al Csm. Se finalmente facesse il suo, sarebbe una buona notizia per i cittadini, prima che per i magistrati».
Rossella Marro, presidente di Unicost, ammette: «Siamo ben consapevoli della crisi della fiducia nella magistratura rispetto agli anni delle stragi. In gran parte è effetto della politica di delegittimazione conseguente alle inchieste giudiziarie su politici e amministratori pubblici. Si pretende che i pm non indaghino i reati che vedono coinvolti i politici, ma a questo punto sarebbe più corretto reintrodurre l’immunità parlamentare. L’introduzione dei test rappresenta un manifesto che si pone sulla scia della più che ventennale opera di delegittimazione: non ci si rende conto che delegittimare i magistrati è un grave errore di prospettiva e ci conduce verso derive preoccupanti».

Molto critico il rappresentante di AreaDg nel direttivo Anm Rocco Maruotti: «Che il ministro abbia le idee confuse lo si comprende dall’errata lettura che dà di quei sondaggi, non si sa fatti come e da chi, laddove lo stesso Nordio mette insieme chi sarebbe favorevole ai test psico-attitudinali per i magistrati, il 37%, con chi vorrebbe estenderli anche a chi ricopre incarichi politici, quindi anche ai ministri, il 22%, e chi invece sarebbe a favore della responsabilità civile dei magistrati, il 16%, così, peraltro, dimostrando chiaramente di confondere il tema dell’equilibrio con quello del possibile errore giudiziario, che sono due aspetti che attengono a profili completamente diversi e che dimostrano che il vero obiettivo del ministro non è, come vuole far credere, quello di restituire credibilità alla magistratura selezionando, attraverso i test, magistrati infallibili, ma quello di gettare discredito sulla magistratura facendo credere ai cittadini che il problema del cattivo funzionamento della giustizia sta nella insalubrità mentale di chi è chiamato al difficile compito di giudicare. Inoltre, sull’utilità dei test psico-attitudinali per i magistrati lo inviterei a leggere cosa pensa il presidente della Società psicoanalitica italiana».

Da pubblico ministero, Maruotti ha «apprezzato ancora meno il passaggio in cui definisce l’esercizio dell’azione penale “arbitrario, perché i pm indagano quando, come e chi vogliono, scegliendo secondo convenienza tra le migliaia di fascicoli che gestiscono”. Sono queste affermazioni, destituite di fondamento, anche perché se ne avesse la prova avrebbe il dovere di attivare il suo potere disciplinare, che gettano discredito sulla magistratura». Secondo la toga del gruppo progressista, insomma, «la verità è che il ministro Nordio, parlando di test psico-attitudinali e di separazione delle carriere, tenta di distogliere l’attenzione dal fallimento delle politiche che il suo dicastero sta mettendo in campo, che non contemplano investimenti sufficienti e che invece di migliorare l’efficienza della risposta di giustizia rischiano concretamente di peggiorarla».

Basterà sintonizzarsi sulle frequenze di Radio radicale, che manderà in diretta il direttivo Anm, per capire a che tipo di battaglia assisteremo.